Oltr(e)isarco

OLTRISARCO - Ricostruzione storica ed economica dello sviluppo di un quartiere di Bolzano - di Fabrizio Miori

Il quartiere di Oltrisarco a Bolzano comincia ad assumere una sua specifica conformazione verso l'inizio del Novecento, quando nella zona compresa tra il fiume Isarco e la montagna del Virgolo si accentua l'edificazione, già iniziata alla fine del secolo precedente, ai lati della strada statale che portava a Trento. Sorgono così i primi nuclei di abitazioni civili che si vanno ad aggiungere ai singoli vecchi masi preesistenti e sparsi nella campagna circostante. Molte di queste abitazioni vengono progettate e costruite da famiglie di provenienza trentina che, trasferendosi a Bolzano in cerca di lavoro, danno così il via ad una corrente migratoria che durerà per molti anni.

Anche l'amministrazione pubblica cittadina decide nello stesso periodo di costruire caserme e strutture per ospitare quello che allora era l'imperial-regio esercito austroungarico e di localizzarle sempre ai lati della stessa strada statale. Vengono infatti edificati ad Aslago un poligono di tiro a segno militare, da non confondersi con quello civile, e nella zona denominata Prati Ghiacciati, diverse palazzine per ospitare reparti di Tiroler Jaeger o successivamente di artiglieria.

Si può comunque sostenere che nei primi anni del secolo, più che un vero e proprio quartiere della città, Oltrisarco fosse ancora poco più di un agglomerato di case sparse nella campagna, marginale rispetto alla città stessa. Le case esistenti ad Oltrisarco in questo periodo sono decisamente poche: in base al censimento asburgico del 31 dicembre 1890, in tutta la zona di Aslago e del Virgolo, queste risultano essere solamente 28 (con presenti in zona solo 256 persone), mentre nel Viertel propriamente detto di Oltrisarco si contavano 29 case (con 204 persone). Dalle piante catastali di quegli anni si può però già evincere la tendenza delle costruzioni più recenti a collocarsi nelle immediate vicinanze della strada statale. Per quanto riguarda la popolazione, un opuscolo del 1919 edito dal Regio Esercito Italiano, ci fornisce il numero degli abitanti al 31 dicembre 1910, data dell'ultimo censimento asburgico. Gli abitanti di tutta la "città autonoma" di Bolzano raggiungono il numero di 24.126 persone, di queste 133 abitano ad Aslago, 247 al Virgolo e 1.091 ad Oltrisarco. Va comunque sottolineato che il totale non comprendeva gli abitanti di Gries che, pur facendo parte del distretto di Bolzano, all'epoca era ancora un comune a sé stante. Gries aveva allora 7.298 abitanti.

Nel 1905 risultano in attività ad Oltrisarco solo tre trattorie, due rivendite di vino e un'unico negozio di generi alimentari gestito da Emanuel Caldonazzi; con l'aumento della popolazione civile e militare inizia però a costituirsi il tessuto economico del quartiere, anche se basato inizialmente su scambi che avvenivano solo in negozi di generi di prima necessità.

Allo scoppio della prima guerra mondiale Oltrisarco presenta già una sua fisionomia ben definita: la popolazione di varie provenienze che viveva e lavorava nella zona era servita da una linea tranviaria, aveva a disposizione una propria scuola, una banca e poteva evitare di recarsi fino in centro città per le piccole spese, potendo contare su una efficace rete di negozi di tutti i generi che assicuravano la soddisfazione non più dei soli consumi primari. Tale appare infatti la situazione delle attività economiche presenti nel quartiere nell'anno 1914: la presenza di ben nove alberghi con servizio di ristorazione, quattro panifici, quattro negozi di generi misti, tre macellerie, quattro falegnami, tre calzolai, tre negozi di frutta e verdura, tre lavanderie-stirerie, due latterie, due negozi di barbiere, danno molto chiaramente l'idea di come nel frattempo sia cresciuta la domanda di beni e servizi nella zona. Bisogna sottolineare ancora la comparsa di altre numerose e disparate attività, per quanto di piccole dimensioni: tre agenzie di commercio, tre imprese edili, tre negozi di pittori o imbianchini, un atelier di sarta per signore, un bottaio, un sellaio, un fornitore di materiali edili, un'impresa di fabbricazione di scatole, un'officina di maniscalco o carrozziere, un fabbro, un tabaccaio, uno spazzacamino, un negozio di tappezziere, una mensa economica ed una rivendita di vini.

Comincia contemporaneamente a svilupparsi anche il sistema dei trasporti che influenzerà fortemente lo sviluppo di Oltrisarco negli anni a venire. E' quindi importante sottolineare la storia della linea tranviaria di collegamento tra Bolzano e Laives fino alla convenzione nel dopoguerra con la SASA che istituì l'attuale servizio di autobus. Sorta in sostituzione di una linea automobilistica privata che saltuariamente collegava Bolzano con Laives, la linea tranviaria Bolzano-Vurza fu inaugurata il 1° gennaio 1914. Il collegamento dal capolinea del maso Vurza con Laives venne assicurato da diverse ditte private fino al luglio 1931, quando fu aperto al pubblico anche il prolungamento della linea tranviaria, per il quale i lavori erano iniziati nel 1930. Negli anni successivi il Comune prese in considerazione anche la trasformazione dei tram in filobus, ma il progetto fu bloccato dalle restrizioni collegate all'avvicinarsi degli eventi bellici. Furono comunque predisposti due progetti di massima, uno della FIAT e uno dell'AEC, che prevedeva tra il resto la trasformazione dell'edificio del vecchio bersaglio in autorimessa. Nel 1948 il rinato consiglio comunale di Bolzano approvò una convenzione con la Società Atesina Servizi Automobilistici, con la quale vennero istituite le nuove linee urbane servite da autobus, segnando così la definitiva eliminazione dei vecchi tram.

Passaggi a livello e sottopassaggi ferroviari erano i punti d'incrocio con la linea ferroviaria del Brennero che, non avendo fermate nel quartiere e costituendo con la sua massicciata un ostacolo materiale, rappresentava per Oltrisarco solo un aspetto negativo. Prima della costruzione della linea tranviaria non esistevano sottopassaggi e l'unico punto dove si poteva attraversare la linea ferrata era un passaggio a livello situato sotto il monte Calvario. Con la realizzazione della zona industriale fu aperto al traffico il sottopassaggio ferroviario situato di fronte all'allora ristorante Rovereto in via Claudia Augusta e solo negli ultimi mesi del 1957 fu finalmente aperto anche il sottopassaggio di via Roma. Alla fine degli anni Trenta si intendeva costruire, sull'area dove poi fu realizzato quest'ultimo sottopassaggio, la nuova stazione di rappresentanza cittadina, che avrebbe immesso direttamente i viaggiatori nella nuova "grande Bolzano" italiana. Anche questo progetto fu però in seguito definitivamente abbandonato, sempre a causa degli eventi bellici.

Dalle vicende legate invece a ponte Loreto prende spunto la storia dei collegamenti con gli altri quartieri cittadini attraverso l'Isarco: unico collegamento del rione con la città propriamente detta era infatti solo questo ponte, fino a quando con la realizzazione in un primo tempo di una passerella pedonale (nell'aprile 1935) e successivamente dei nuovi ponti Roma e Resia (nel 1939-1940) fu spezzata anche questa forma di isolamento dagli altri quartieri cittadini.

Oltrisarco ha però nel suo territorio anche un altro importante nodo di comunicazioni: l'aeroporto di San Giacomo, del quale viene tracciata una cronistoria a partire dalle sue origini risalenti alla fine della prima guerra mondiale: il Comune di Bolzano lo aveva infatti affittato nel 1919 al Regio Esercito Italiano, da cui allora dipendevano i reparti aeronautici. Nel relativo contratto si scopre che la 121° e la 131° Squadriglia lo utilizzavano ufficialmente fin dal mese di ottobre del 1919. Va inoltre evidenziata la sua rilevanza nella stesura delle prime bozze del piano regolatore della città nel 1925 ad opera degli architetti Hora e Wayhenmeier che lo avevano inserito nel previsto sistema di trasporti integrato ed avevano esaminato il suo successivo ampliamento. Si può così ricostruire lo sviluppo delle linee aeree civili nazionali e internazionali che vi facevano scalo nel periodo tra le due guerre: nell'autunno 1930 Bolzano era collegata direttamente o mediante opportune coincidenze con Trento, Venezia, Roma, Milano, Innsbruck, Vienna, Monaco, Berlino, Cracovia, Dresda, Budapest e Graz. Successivamente sorsero le nuove strutture militari, furono fondati l'Aeroclub cittadino e la scuola di pilotaggio. A partire dagli anni Cinquanta vennero anche predisposti diversi progetti di sviluppo e modernizzazione che attualmente sono ancora in fase di realizzazione.

Ma torniamo al 1914: la dichiarazione di guerra dell'Austria-Ungheria alla Serbia diede inizio al primo conflitto mondiale; nel maggio del 1915 anche il Regno d'Italia, dopo un periodo di neutralità, entrò nel conflitto, avvicinando così la zona dei combattimenti all'Alto Adige. Ciò comportò anche per Oltrisarco tutte le difficoltà e le restrizioni derivanti dallo stato di guerra. Già dalla prima mobilitazione tutte le classi più giovani vennero richiamate alle armi, fino al quarantaduesimo anno d'età; il successivo arrivo in città dei primi feriti e convalescenti reduci dalle zone di guerra e la comparsa dei prigionieri, contribuirono a creare quel clima che faceva della città, pur non essendo nelle immediate vicinanze delle linee di combattimento, una città di retrovia, con tutti i problemi connessi. Ci fu poi l'introduzione - nell'aprile 1915 - del razionamento del pane e della farina; normalmente ad ogni persona spettavano 1400 grammi di farina o 1750 grammi di pane alla settimana. Già nel febbraio 1916 la razione scese a 1.125 grammi e più tardi anche a zero, a causa delle enormi difficoltà di approvvigionamento.

Il problema dei rifornimenti alimentari doveva essere veramente grave per arrivare, alla fine della guerra, a spingere la popolazione, superate le diffidenze ed i primi tentennamenti, ad affollarsi intorno alle cucine da campo dell'occupante esercito italiano per soddisfare i minimi bisogni alimentari. D'altronde negli ultimi anni gli abitanti avevano vissuto esperienze nuove e non certo piacevoli, in quanto legate agli eventi bellici. Subito dopo l'inizio della guerra furono date alla popolazione istruzioni che, alla luce delle esperienze dei successivi bombardamenti aerei che colpirono la città, ci possono suonare perlomeno buffe. L'avvicinamento di aerei nemici veniva segnalato tramite lo sparo di mortaretti dal Virgolo; per ovviare al pericolo di incendi venne ordinato l'allestimento di tini d'acqua sui tetti delle case. Le luci dovevano essere oscurate per rendere più difficile l'orientamento dei velivoli nemici e durante il bombardamento bisognava stendersi a terra dove ci si trovava.

Anche Oltrisarco ebbe comunque i suoi danni di guerra. Tra le varie incursioni aeree che la città subì da parte dell'aviazione italiana, la più pesante, relativamente ai danni riportati, fu quella del 26 agosto 1918: tre squadriglie di Caproni, tra cui la famosa Squadriglia Serenissima, quella di D'Annunzio e del volo su Vienna, sganciarono il loro carico di bombe sulla città vecchia, ma danneggiarono anche una fabbrica di pellami ad Oltrisarco. La stessa incursione causò tre morti tra la popolazione civile, gli unici a Bolzano per bombardamento aereo nel corso della guerra 1914-18.

Le truppe italiane entrarono a Bolzano il 7 novembre 1918. Le prime avanguardie del Regio Esercito scesero in città dal passo della Mendola; erano due battaglioni alpini, con un reparto di cavalleria ed uno di artiglieria, al comando del generale Caviglia. I problemi conseguenti alla presa di possesso dei nuovi territori erano sicuramente enormi. A parte quelli della lingua, della toponomastica e della legislazione vigente, il principale doveva essere quello di ricostruire il tessuto economico della zona che era stato lacerato dall'economia di guerra.

La difficile ripresa economica del primo dopoguerra va qui considerata alla luce degli avvenimenti nel quartiere. La ricerca di lavoro e di una migliore situazione finanziaria alimentò nei primi anni Venti un flusso continuo di immigrati che non provenivano più solo dal vicino Trentino come negli anni precedenti, ma ora anche dal Veneto. L'aumento dei negozi e delle attività economiche presenti rispetto al 1914 mostra come Oltrisarco fosse in pieno sviluppo. Possiamo infatti registrare come, tra le varie attività esistenti nel 1920, il numero di negozi di generi alimentari si fosse quasi triplicato (passati da quattro a undici), lo stesso per il numero delle rivendite di frutta e verdura (da tre a undici); in totale si è comunque passati dalle complessive 62 attività registrate nel 1914 alle 111 nel 1920. Sono sorte inoltre le prime attività di produzione di prodotti destinati non più al quartiere stesso ma a mercati talvolta esterni alla città; tra queste registriamo nel 1926 la presenza di una fabbrica di biscotti, di una ditta di fabbricazione di fiori artificiali, una di maglierie e una di canestri, scope, spazzole e simili.

Nel frattempo aumenta il numero dei rappresentanti politici del quartiere eletti alle cariche amministrative cittadine. Nelle elezioni comunali del gennaio 1922 risultano infatti tra i nuovi consiglieri comunali Max Pintarelli (candidato del Deutscher Verband) e Giovanni Pitacco (candidato nella Lista comune dei Socialdemocratici e degli Italiani), mentre tra i non eletti troviamo Luigi Steinmayr e Rodolfo Pollo (che si presentavano entrambi nella Lista degli Italiani): tutti e quattro risiedevano o lavoravano ad Oltrisarco.

Il confronto tra le attività economiche presenti nel quartiere nel 1922 e nel 1926 illustra l'evoluzione dei mestieri e delle occupazioni dei suoi abitanti che muovono i primi passi come piccoli imprenditori.

Il 10 maggio 1922 lo stesso Giovanni Pitacco presentò domanda, per ottenere dal Comune l'autorizzazione ad usufruire delle strutture del vecchio macello militare austroungarico, che giacevano abbandonate ed inutilizzate in località Prati Ghiacciati (Eiswiese) di Oltrisarco. Più precisamente chiedeva di poter disporre delle vecchie baracche al fine di dar vita in breve tempo ad un'officina "in grande stile" per la produzione di articoli di cartone, scolastici, da ufficio e di réclame, con annessa falegnameria. L'autorizzazione fu in seguito concessa; negli elenchi delle attività presenti nel quartiere del 1926, troviamo infatti tra i produttori di cartonaggi proprio Giovanni Pitacco.

E' invece dell'anno successivo la richiesta del permesso per la costruzione di un cinematografo e di altri fabbricati sulla particella edificiale n. 868 ad Oltrisarco, inoltrata, in data 7 novembre 1923 da parte di Fortunato Tomasini e Giovanni Carmann al Municipio di Bolzano, retto all'epoca dal Commissario prefettizio dott. Boragno. Sarà questo l'atto di nascita del cinema Vittoria, che si trovava in un vicolo tra le case di via Claudia Augusta, nel punto dove oggi sorge un supermercato. Tuttavia, almeno dal 1919, è sicura la presenza di un altro cinema nel sobborgo, come emerge da alcuni atti emessi in quell'anno dalle competenti autorità locali, in base ai quali risultano esistere a Bolzano tre cinematografi, dei quali uno situato nel rione di Oltrisarco. Dagli elenchi ufficiali delle ditte stilati dalla Camera di commercio di Bolzano nel 1926, scopriamo tra i cinematografi cittadini quello gestito da Ottone Dapunt ad Oltrisarco n. 76. La non coincidenza dell'indirizzo con quello del nuovo edificio costruito da Fortunato Tomasini, situato al civico 40 di Oltrisarco, fa pensare che questo possa essere il cinematografo esistente nel 1919 e forse lo stesso che negli anni successivi si troverà talvolta con la denominazione "Cinema Diana" di Oltrisarco.

Giovanni Carmann era anche il gestore dell'omonimo ristorante, mentre altri suoi colleghi nel 1920 erano Ferdinand Haas (ristorante Stella Alpina), Elise Schneider (Castel Flavon), Eugen Bernhard (vecchio bersaglio), Josefine Leonardi (Hoellerhof), Paul Ortler (Lewald), Jakob Meraner (Meraner), Anton Lugger (Lindenburg), Alois Unterhofer (Maso della Pieve), Anton Praxmarer (Putzenhof) e Anna Waldmann (Wreden).

Rodolfo Pollo era titolare di una ditta di costruzioni, mentre Luigi Steinmair era invece un noto falegname. La ditta dei fratelli Massimiliano e Fortunato Pintarelli si occupava di costruzioni, scavi e manutenzioni stradali e allo stesso numero civico gestiva anche una rivendita di generi alimentari. La loro impresa non ebbe però vita lunga: il quotidiano "La Provincia di Bolzano" comunicò che il loro fallimento era stato dichiarato con sentenza del 26 ottobre 1929.

La crisi edilizia a Bolzano è in questo periodo più acuta che nelle altre provincie, essendo qui praticamente assoluta la mancanza di costruzioni nel periodo postbellico. Il Comune aveva provato ad incentivare l'iniziativa privata, stabilendo un premio di mille Lire per ogni vano costruito, senza tuttavia riscuotere in tal senso alcun successo. Venne allora presa la decisione di far fronte alle esigenze abitative con la realizzazione diretta da parte del Comune di case popolari.

Nel 1925 la prima costruzione non fu però opera comunale, ma venne commissionata dalla Cooperativa Case Popolari alla ditta dell'ing. Donati su progetto di Luis Trenker. Fu realizzato il fabbricato tuttora esistente in località Prati Ghiacciati. Solo l'anno successivo il Comune diede inizio ai lavori per la realizzazione di un gruppo di tre case popolari di fronte alle scuole Tambosi, su progetto dell'architetto civico Gustav Nolte.

In data 21 maggio 1926, da un promemoria per il Commissario Prefettizio, risulta che il Comune, bisognoso di liquidità, per sostenere le spese relative alla costruzione di nuove abitazioni, stava studiando la possibilità di vendere immobili di sua proprietà che rappresentavano un impiego di capitali ad un interesse minimo. Tra questi vennero considerate in particolar modo le caserme: risultavano infatti essere iscritte nell'inventario comunale per un valore di otto milioni, a fronte dei quali si ricavavano affitti per solo Lire 192.314 e si pagavano, tra spese di manutenzione, assicurazioni contro gli incendi e tasse, somme superiori a Lire 70.000. Il che equivaleva ad una rendita di poco superiore all'1,50% sui capitali impiegati. La soluzione della vendita delle caserme venne d'altronde considerata perché in quel momento l'accensione di nuovi mutui non era consigliabile dato l'alto tasso di interesse corrente e poiché d'altra parte non era più possibile continuare ad anticipare con mezzi ordinari di cassa le somme per pagare le opere eseguite. Venne quindi predisposta una stima minima delle ubicazioni militari di proprietà del Comune, per la possibile vendita.

Per il momento il Comune non riuscì nel suo intento di procurarsi in tal modo la liquidità necessaria per poter operare nel campo dell'edilizia popolare.

La realizzazione di nuove case nel quartiere di Oltrisarco subì un rallentamento fino agli anni Trenta, quando dopo un blocco per alcuni anni, causato come visto dalle difficoltà finanziarie dell'amministrazione comunale, fu dato il via ai lavori per la costruzione dell'edificio noto come "il Vaticano", realizzato all'angolo tra le attuali vie Claudia Augusta e Fratelli Bronzetti, su progetto di Angelo Nolli, nuovo ingegnere capo del Comune. Contemporaneamente furono allestite anche dieci baracche di legno nei terreni del vecchio bersaglio per poter alloggiare le famiglie in condizioni di non poter pagare anche i minimi affitti delle case comunali. Negli anni successivi anche l'Istituto Autonomo Case Popolari di Venezia (realizzatore del quartiere Venezia) costruì case popolari ad Oltrisarco e in viale Trento. Fu poi la volta dell'edificio situato in via Claudia Augusta, angolo via Roma, realizzato quale residenza ultra popolare e composto di alloggi monolocali.

Gli anni Trenta cominciarono con l'arrivo anche a Bolzano degli effetti della crisi internazionale dovuta al crollo di Wall Street. Le autorità locali, cercando di limitare i danni alla popolazione, concentrarono i loro interventi nel tentativo di contenere i prezzi dei generi primari, effettuando molteplici controlli sui negozianti del quartiere, in particolar modo nei panifici e nei dormitori pubblici.

Continuarono comunque le opere nel campo dell'edilizia pubblica: aprirono molti cantieri per realizzare opere civili e militari. Nella zona dell'Agruzzo venne realizzato lo stabilimento dell'ASPA, una ditta che si occupava della raccolta e del trattamento delle immondizie cittadine con criteri allora modernissimi. Basti pensare all'utilizzo di autocarri a trazione elettrica per la raccolta dei bidoni. Allo stesso tempo sorse anche il cantiere per la costruzione della "città militare", come allora veniva chiamata la caserma Mignone.

L'incremento della popolazione del quartiere ci viene segnalata dal quotidiano dell'epoca "La Provincia di Bolzano", da cui risulta come nel periodo tra il 1931 e il 1935 i nuclei familiari residenti fossero aumentati da 1.175 a 1.409, pari quindi ad un aumento di quasi il 20% in cinque anni.

Ma torniamo ad esaminare alcune delle attività economiche presenti nel quartiere nel 1935.

Un primo caso da segnalare è una nuova ditta per la produzione di acque gassose e bibite di vario genere, La Bolzanese, che aveva sede in via Claudia Augusta, all'altezza della casa dove avrebbe poi aperto la trattoria alla Pergola, sul retro della quale, in un garage, avveniva la produzione delle bibite.

Compare per la prima volta la fonderia di Guido Pippa, specializzata in fusioni di bronzo, rame ed ottone, che venivano effettuate nel bel mezzo del quartiere, in un cortile interno di via Claudia Augusta, al civico 45.

Nel settore "cave e manutenzione stradale", in sostituzione della ditta dei Fratelli Pintarelli, di cui avevamo registrato il fallimento, troviamo Augusto Bonadimann, gestore di un'impresa con sede in via Claudia Augusta n.28.

Nella categoria "autonoleggi" viene registrato per la prima volta il garage Lancia, gestito dal Dott. Mario Chiays: dalle pubblicità dell'epoca scopriamo che il garage aveva anche la concessionaria della marca Citro(n e che svolgeva attività di riparazione autoveicoli, fornitura di pezzi di ricambio e di " verniciatura alla nitrocellulosa".

Si registra la presenza di una nuova attività di produzione di biscotti, titolare Arturo Wolf. Nascono inoltre la Cooperativa Produttori Latte a San Giacomo e la Latteria Sociale Agruzzo con sede in Oltrisarco, via Claudia Augusta n.7.

La categoria più numerosa risulta comunque essere quella dei commercianti di prodotti alimentari dei quali si contano ben ventuno esercizi; seguono come numero i calzolai, che sono otto. In merito a quest'ultima categoria bisogna sottolineare come i nomi dei titolari siano costantemente diversi nel corso degli anni e come, nessuno o quasi, prosegua a lungo con la stessa attività. Ciò potrebbe significare come questo tipo di lavoro venisse allora considerato una transitoria fonte di reddito in attesa di un migliore impiego e non un'occupazione stabile.

Il cinema Vittoria, in via Claudia Augusta n.41, è ora gestito da Domenico Tecilla, proprietario anche di un negozio di prodotti alimentari.

Il personaggio più attivo è però sicuramente Giuseppe Sega, che risulta gestire una cartoleria in via Claudia Augusta n.20, un negozio di mercerie e mode in via Claudia Augusta (senza numero) e una rivendita di monopoli e giornali, sempre in via Claudia Augusta, al n.26.

Nel quartiere operano anche due ostetriche, le cui prestazioni erano evidentemente molto richieste; Maria Fiegl e Francesca Roncador. Tra i professionisti troviamo invece l'architetto Rodolfo Pollo che gestisce sempre la sua ditta di costruzioni, il farmacista Lorenzo Mezzena e l'ingegnere Giovanni Walde.

In via Claudia Augusta c'è ora anche un bar: si chiama Circolo.

Tra il settembre 1934 e il marzo 1935 vengono emanati i decreti istitutivi della zona industriale di Bolzano in seguito ai quali prendono il via i lavori di approntamento dell'area dell'Agruzzo per la realizzazione delle infrastrutture necessarie da parte del Comune. Lentamente cominciano a comparire i cantieri per la realizzazione degli stabilimenti delle ditte che avevano ottenuto l'assegnazione dei terreni.

La prima ditta ad iniziare la produzione nella "zona", nel febbraio 1937, sarà proprio una fonderia che vi si era trasferita da via Claudia Augusta, la Guido Pippa, nota ai bolzanini soprattutto per la produzione dei tombini cittadini, su molti dei quali ancora oggi si può leggere questo nome. Al 31 ottobre 1939 erano comunque in attività in zona complessivamente 20 ditte che davano lavoro a 3.004 operai, la maggior parte occupati nelle quattro ditte di maggiori dimensioni, cioè l'Industria Nazionale Alluminio del gruppo Montecatini con 900 operai impiegati, le Acciaierie del gruppo Falk con 650 operai, la Lancia con 600 operai e la Feltrinelli-Masonite con 250 operai.

La nascita della "zona" porterà degli sconvolgimenti nel quartiere, ma questa novità avrà degli effetti a dir poco strani e sicuramente diversi da quanto si crede comunemente: il numero delle attività economiche registrate nel 1938 subisce infatti un calo rispetto alle attività presenti nel 1935 e non un aumento come si potrebbe pensare. Il motivo è con molte probabilità legato alla precarietà e alla scarsa reddittività di molte di queste attività; i titolari, posti di fronte alla scelta di continuare con la loro impresa individuale o cercare un impiego come dipendenti nelle ditte che iniziavano a operare nella "zona", sceglievano spesso la seconda soluzione che dava loro maggiore tranquillità e sicurezza economica. Bisogna inoltre considerare come gli operai dell'industria avessero possibilità di accedere a facilitazioni nell'assegnazione degli alloggi che si andavano allora costruendo a tale scopo sull'altra riva dell'Isarco. E quindi più che probabile che parte degli abitanti del quartiere, approfittando di tale occasione si siano trasferiti nelle nuove case resesi così disponibili, diminuendo in tal modo anche il numero degli abitanti di Oltrisarco. Risulta altrimenti inspiegabile la variazione in controtendenza del numero dei negozi di generi alimentari (da ventuno a diciotto), dei calzolai (da otto a sei), dei ristoranti e delle trattorie (da dieci a sette), delle rivendite di vini al dettaglio (da sette a cinque).

Altro fenomeno collegato allo sviluppo industriale è l'aumento della presenza di artisti o professionisti abitanti nel quartiere, finora quasi inesistenti e che segnala il timido inizio di una maggiore diversificazione dei ceti sociali ivi residenti. E' infatti in questi anni che apre l'ambulatorio del dott. Emilio Leonardelli, il primo medico ad esercitare stabilmente ad Oltrisarco. A lui vanno aggiunti il farmacista Lorenzo Mezzena, l'ostetrica Maria Fiegl in Beiler, il perito industriale Luigi Paloro, il ragioniere Giuseppe Vasco, i mediatori o agenti di commercio Giuseppe Fraccaroli e Gaspare Zuccol, lo scultore Ignaz Gabloner e il già visto impresario edile Rodolfo Pollo. La loro presenza segnala come ormai il quartiere non sia più considerato esclusivamente come un dormitorio per operai o come primo ricovero per i nuovi arrivati in città, anche se la fama di rione malfamato proseguirà quasi fino ai nostri giorni.

Il decennio si chiude con segnali forieri di tempi di guerra: fervono infatti i lavori di costruzione delle opere del Vallo Littorio nella zona vicina al cimitero, costituite da diversi bunker disposti lungo una linea immaginaria che da Castel Flavon arriva fino a Castel Korb attraversando l'intera vallata e da un fosso anticarro che dal cimitero arriva fino all'Adige. Cominciano anche ad essere predisposti i rifugi antiaerei: sono ricavati in parte nelle cantina delle case private ed in parte, quelli collettivi, nella montagna dietro al cimitero e sotto gli stabilimenti della zona industriale. Per un periodo anche la galleria del Virgolo, inaugurata nel 1940 ma non ancora ultimata, venne utilizzata allo scopo. Se le fortificazioni fortunatamente sono rimaste inutilizzate, purtroppo dei ricoveri antiaerei si dovette far spesso uso nel corso della guerra: numerosi bombardamenti alleati colpirono infatti la città causando danni anche ad Oltrisarco. La sequenza dei tredici bombardamenti subiti da Bolzano (non contando quelli di aerei isolati, tipo "Pippo") cominciò il 2 settembre 1943 per finire il 28 febbraio 1945. Se pochi furono i danni subiti dalla zona industriale, notevoli furono invece quelli del quartiere, specialmente nelle vicinanze di viale Trento e di Aslago. L'obiettivo delle incursioni aeree era infatti solitamente costituito dalla linea ferroviaria, in particolare dal ponte ferroviario a Loreto e dalla stazione, colpiti i quali si sarebbe ottenuto il blocco del flusso dei rifornimenti da e per la Germania: pare che gli aviatori alleati si servissero della chiesetta del Calvario come punto di riferimento per lo sgancio delle bombe e quindi tutto quello che vi si trovava intorno fu colpito dalle bombe.

Nel frattempo, come conseguenza degli avvenimenti dell'otto settembre 1943, il quartiere scoprì di essere diventato parte della cosiddetta "Operationszone Alpenvorland" ed i suoi abitanti di essere considerati sudditi del Terzo Reich in quanto sottoposti alle sue leggi di guerra. E' in questa veste che videro passare per via Claudia Augusta i prigionieri del Durchgangslager di Bolzano che si recavano a lavorare nella non ancora ultimata galleria del Virgolo che quindi non venne più usata come ricovero antiaereo; infatti come effettuato anche sulla Gardesana o lungo la strada che da Bolzano conduce a Sarentino, per garantire la produzione bellica erano stati trasportati nelle gallerie i macchinari delle fabbriche: in particolare qui era stata trasferita la produzione di cuscinetti a sfera.

Gli avvenimenti degli ultimi giorni di guerra si svolsero in parte anche nella zona industriale di Bolzano, teatro di scontri tra truppe tedesche e patrioti italiani. Dirigenti ed operai delle industrie avevano costituito infatti nuclei locali della Resistenza; il 2 maggio 1945 dodici operai catturati con le armi in pugno, dopo essere stati sopraffatti dalle soverchianti forze tedesche, furono fucilati contro il muro perimetrale degli stabilimenti Lancia. Il giorno successivo venne stipulato un accordo tra il delegato militare del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia Bruno De Angelis e i generali dell'esercito tedesco Wolff e Vietinghoff al fine di preservare l'ordine e la sicurezza nella zona ed evitare ulteriore spargimento di sangue. L'accordo prevedeva anche servizi di guardia misti composti da truppe tedesche e patrioti italiani.

Con l'arrivo dei soldati alleati e la definitiva cessazione delle ostilità, le nuove autorità comunali si trovarono a dover risolvere il difficile problema alimentare cittadino: alle numerose proteste popolari il Comune cercò di rispondere con provvedimenti non sempre dall'esito felice, come l'indiscriminato rilascio di licenze per la vendita al minuto. I problemi principali riguardavano però i rifornimenti: dalle citate proteste della popolazione emerge l'insufficiente quantità di pane e addirittura di patate. Con il ripristino delle linee di comunicazione, interrotte dai bombardamenti alleati, la situazione andrà però gradualmente migliorando.

La zona industriale è comunque uscita praticamente indenne dalla parentesi bellica e, con gli opportuni approvvigionamenti di materie prime, può quindi ricominciare la produzione, assicurando così un posto di lavoro a migliaia di bolzanini.

La vita tende a riprendere il suo corso normale, anche se risente ancora chiaramente dei lutti e delle distruzioni belliche. I bombardamenti aerei a Bolzano hanno seriamente intaccato il patrimonio edilizio cittadino: sono infatti andati irreversibilmente distrutti 325 stabili, seriamente danneggiati 548 e lievemente altri 1.395 ma, fatto ancor più grave, durante le incursioni hanno inoltre perso la vita circa duecento persone.

Specchio fedele della situazione nel quartiere del 1948 è l'elenco delle attività economiche, da cui emerge una realtà ancora scombussolata dalla mancanza di collegamenti e dalla scarsità dei rifornimenti. Sono infatti presenti nel quartiere ben diciotto ditte che si occupano di autotrasporti, probabile conseguenza della ancora scarsa funzionalità delle Ferrovie dello Stato. Risultano esistenti molte ditte che lavorano nel campo delle ricostruzioni del patrimonio edilizio o comunque delle riparazioni in genere: lattonieri, falegnami, carpentieri, elettricisti, pittori e decoratori. Nascono anche nuove attività che compaiono per la prima volta ad Oltrisarco: un acetificio, due ditte di produzione di energia elettrica, due officine per la vulcanizzazione delle gomme, una ditta produttrice di saponi e detersivi, diversi artigiani quali elettricisti e arrotini e diversi negozi tra cui un orefice, un orologiaio, un ombrellaio, un pellicciaio, una rivendita di calzature e una di apparecchi radiofonici. Emergono inoltre alcuni negozi o ditte i cui nomi diventeranno in seguito molto noti nel quartiere e nell'intera città: la fiaschetteria di Berta Caresia, il negozio di frutta e verdura di Ezio Frisanco, la ditta di installazione impianti di riscaldamento Deanesi & De Carli, l'impresa di costruzioni di Antonio Brida, la ditta di autotrasporti di Giuseppe Gruber, la macelleria di Anselmo Fait, il negozio di mercerie e tessuti di Bruno Defant, il panificio di Annibale Frisanco, il ristorante Facchinelli e la trattoria alla Pergola. Nella categoria degli artisti e professionisti, si registra la presenza di un architetto, Antonio Panteri Saffo, e la scomparsa dall'elenco di Rodolfo Pollo, che per tanti anni aveva avuto nella zona le funzioni di rappresentante della categoria. Al dottor Emilio Bernardelli si è aggiunto Il dottor F. Colombatti: entrambi i medici vengono ancora oggi ricordati con simpatia ad Oltrisarco. Tra le ostetriche bolzanine l'unica a risiedere nel quartiere è Amabile Amort; vi sono invece ben due odontotecnici in attività, Albert Epperlein e Remo Kortschak.

I problemi che affliggono la città e soprattutto Oltrisarco sono inoltre la scarsità degli alloggi, il gran numero di sfollati e la situazione precaria esistente nelle molte baracche di fortuna, i cui abitanti vivono in condizioni limite. Ne sono un tipico esempio le baracche del Villaggio Lancia, realizzate in base ad un progetto del gennaio 1942: si tratta di 32 baracche di legno realizzate dallo stabilimento sui terreni allora di proprietà della ditta Viberti che produceva carrozzerie per i camion. Erano state originariamente destinate ad ospitare le maestranze piemontesi che si dovevano trasferire a Bolzano al seguito dei macchinari salvatisi dai bombardamenti aerei subiti a Torino per riprendere la produzione. Il progetto prevedeva delle trincee antiaeree ai lati delle baracche con apposite scale per accedervi e anche dei campi di bocce per i rari momenti di svago. Finita l'emergenza bellica questi lavoratori piemontesi ritornarono a casa o trovarono migliori sistemazioni ed il loro posto fu occupato da altre famiglie sfollate o comunque senzatetto. I giornali dell'epoca ci raccontano delle tristi condizioni in cui vivevano queste famiglie: in alcuni casi si erano adattate perfino a vivere nelle vasche costruite dalla Ferrovie sotto al monte Calvario destinate a raccogliere l'acqua delle locomotive o addirittura nelle nicchie della galleria del Virgolo. Le molte baracche di Oltrisarco ospitavano quindi centinaia di persone in condizioni disperate e questa situazione di emergenza era vissuta con disagio da chi abitava invece negli appartamenti di via Claudia Augusta e desiderava il ritorno ad un clima di normalità.

Le stesse ditte della zona industriale si interessarono al problema della casa, cercando di costruire, direttamente o mediante la costituzione di comitati di lavoratori, abitazioni per i propri dipendenti. Sorsero così nel quartiere le case delle Acciaierie, della Lancia e della Feltrinelli Masonite, ditte che spesso si trovarono a lottare tra di loro per farsi assegnare i terreni più appetibili al minor prezzo da parte del Comune che ne era proprietario.

La situazione economica tende comunque a migliorare e a normalizzarsi, come si nota dall'elenco delle attività economiche nel 1952, dal quale notiamo come ad esempio si sia drasticamente ridotto il numero degli autostraportatori che si sono praticamente dimezzati.

Riaprono i ristoranti Vecchio Bersaglio e Rovereto, che si aggiungono agli altri sei esistenti: Facchinelli, Stella Alpina e quelli gestiti da Lino Berger, Orfeo Ferrigato, Palmira Kortschack e Giovanna Moser. Le trattorie in attività sono la Bresciana, Centro, alla Pergola e quella gestita da Camillo Retto. I bar sono invece quelli gestiti da Valeria Bettini e Angela Filippini, oltre al bar Principe, in via Claudia Augusta e quelli gestiti da Aurelia Skalla e Itala Villani in zona industriale. Si trova ad Oltrisarco uno dei tre distributori di carburante della città: è quello situato all'imbocco della zona industriale. Il numero dei negozi di generi alimentari è rimasto praticamente invariato rispetto al 1948, mentre sono ora ben cinque le rivendite di monopoli e giornali, gestite da Italo Buonamore, R.Bologna, Livio Coser, Enrico Dal Ri e Turiddu Filidei.

Negli anni seguenti Oltrisarco è ancora una volta teatro dell'intervento pubblico nell'edilizia popolare; a partire dalle costruzioni delle case per i cosiddetti "rioptanti", fino alla realizzazione del complesso edilizio denominato quartiere CEP. Quest'ultimo intervento fu reso possibile grazie allo stanziamento predisposto dal ministro dei Lavori Pubblici Togni. Per le case popolari di Bolzano fu prevista una cifra di due miliardi e mezzo, con i quali si prevedeva di costruire mille alloggi per complessivi cinquemila vani a cui sarebbero stati affiancati scuole, strade, servizi e chiese. Il piano CEP si proponeva infatti di coordinare l'attività edilizia dei principali enti costruttori di case popolari per realizzare quartieri interamente autonomi.

Questo tipo di intervento, legato all'inesistenza di precisi accordi circa la destinazione per gruppo linguistico degli alloggi in costruzione, fece temere ad abitanti e politici di lingua tedesca la continuazione da parte dello Stato democratico della politica di italianizzazione del territorio iniziata in periodo fascista. Fu questa una delle cause che provocarono l'adunata organizzata dalla SVP a Castel Firmiano nel novembre 1957, per manifestare il proprio dissenso con la linea adottata dal governo italiano per la questione sudtirolese.

Raggiunti gli accordi a livello politico per le modalità di ripartizione tra i gruppi linguistici delle nuove abitazioni popolari e partiti i lavori, i cantieri mutarono l'aspetto della zona di Aslago scelta come destinazione del nuovo quartiere facendo diventare, un luogo che fino ad allora era stato meta di passeggiate nei boschi di castagni, un vero e proprio agglomerato urbano.

Le realizzazioni nel campo dell'edilizia pubblica unite a quelle private comportarono un incremento notevole del patrimonio abitativo del quartiere: considerando i dati emersi dai censimenti eseguiti in quegli anni, vediamo come nelle sezioni comprendenti Oltrisarco, San Giacomo e la zona industriale, aumentò il totale delle abitazioni esistenti passando dalle 1.516 nel 1951, alle 2.618 nel 1961, per arrivare a 4.049 nel 1971. Ciò significò un incremento in percentuale pari al 167% in vent'anni. Ancora maggiore risulta il numero di stanze esistenti che arrivò nel 1971 al numero di 13.395, dalle 4.337 del 1951. Per avere un quadro completo dello sviluppo del quartiere bisogna però considerare anche il contemporaneo incremento demografico: assistiamo così all'incremento del numero di famiglie residenti nella stessa zona che passò dalle 2.010 del 1951, alle 2.826 del 1961 per arrivare alle 3.991 famiglie del 1971, pari ad un aumento dell'84% in vent'anni.

La media dei componenti delle famiglie di Oltrisarco scese nello stesso periodo, passando da 3,41 a 3,07, ma rimase comunque più alta rispetto alla media della città. Alto rimase anche l'indice di affollamento, cioè il numero di abitanti per stanza, che, se nel 1951 era compreso tra una e due persone per stanza in tutti i quartieri cittadini, nel 1971 era ancora superiore all'unità solamente nel quartiere di Oltrisarco, compresi la zona industriale e San Giacomo, e Don Bosco, mentre tutto il resto della città risultava ormai sotto la persona per stanza.

Pare interessante sottolineare anche le fasi di edificazione succedutesi negli anni considerando il patrimonio edilizio esistente nel 1971, per la sola zona di Oltrisarco, in base alle date di costruzione. Vediamo così come su 3.432 abitazioni (100%) esistenti nel 1971, 299 sono precedenti al 1919 (8,7%), 453 sono del periodo tra il 1919 e il 1945 (13,2%), 1.072 del periodo tra il 1946 al 1960 (31,2%), 1.583 del periodo tra il 1960 ed il 1971 (46,1%) e 25 sono di epoca ignota.

Nel frattempo Oltrisarco, seppure sovente in ritardo rispetto ad altre zona della città, vede lo sviluppo al suo interno di servizi ed infrastrutture di interesse generale: telefoni pubblici, rivendite di giornali, cassette postali, servizi sanitari, nuove farmacie, impianti di distribuzione di carburante e sportelli bancari.

I censimenti ed i dati raccolti dal Comune consentono di illustrare come dal 1960 in poi la popolazione del quartiere sia aumentata progressivamente fino agli anni Ottanta, anni a partire dai quali anche Oltrisarco vede lentamente diminuire il numero dei suoi abitanti. Il censimento del 1961 rilevava ad Oltrisarco (propriamente detto) una popolazione di 8.728 persone a larghissima maggioranza italiana (85,37%), mentre nell'intera città la popolazione era di 89.692 persone, di cui 68.752 di lingua italiana (76,65%).

Dai censimenti del 1971 e del 1981 (fonte ISTAT, elaborazione ASTAT), si ricava la situazione relativa alle sole sezioni di Oltrisarco per quanto riguarda il totale della popolazione suddiviso per settore economico: un primo dato emergente è la diminuzione della popolazione complessiva di Oltrisarco che passa da 12.411 persone a 12.213, con un calo di 198 unità. La popolazione non attiva diminuisce a sua volta di 948 unità, passando da 7.951 a 7.003 persone, mentre la popolazione attiva aumenta contemporaneamente di 750 unità (da 4.460 persone nel 1971 a 5.210 nel 1981). I settori economici che registrano un aumento degli addetti sono quelli del commercio, con un incremento di 377 unità, dei trasporti e delle comunicazioni, con un aumento di 31 unità, il settore del credito e delle assicurazioni con un incremento di 200 unità, il settore dei servizi e della pubblica amministrazione che registra un incremento di 368 unità. Il settore industriale risulta invece complessivamente in calo di 267 unità, pur registrando al suo interno parziali incrementi. Leggermente in aumento è anche il numero degli addetti al settore agricolo, che sappiamo però non essere un'attività tipica del quartiere.

Nel frattempo la popolazione del quartiere continua a diminuire, in parte perché si trasferisce in altre zone della città ed in parte per il calo demografico che a partire dal 1976 si verifica in tutta la città di Bolzano.

Giungiamo così ai nostri giorni per esaminare, grazie alle informazioni raccolte con il censimento del 1991, le ulteriori modifiche verificatesi nell'ultimo decennio nell'occupazione dei residenti. Il dato più evidente è costituito dalla forte diminuzione del totale generale della popolazione abitante ad Oltrisarco, che in base ai dati forniti dall'ISTAT ed elaborati dall'ASTAT, è passata dalle 12.213 unità censite nel 1981 alle 8.570 unità nel 1991: una diminuzione poco inferiore al 30% in dieci anni. Quasi dello stesso tenore è anche la variazione in diminuzione della popolazione non attiva, che passa da 7.003 unità alle 5.013 del 1981. E' comunque molto interessante considerare le variazioni in percentuale degli addetti ai diversi settori economici: vediamo infatti come la diminuzione avvenuta nei settori agricolo ed industriale, sia stata assorbita dall'aumento della popolazione non attiva, che percentualmente è infatti aumentata passando dal 57,3% al 58,5%, e dall'aumento degli addetti nel settore dei servizi, che sono aumentati dal 27,3% al 29 %, confermando quindi una tendenza comune a tutta la nazione.