Bolzano Ovest - Bozen West: Breve storia della espansione recente
di Carlo Azzolini e Alessandra De Giorgi

Ancora un'iniziativa folgorante ritrae immagini della nostra città che vive e cresce: dopo il centro storico, la zona commerciale sud e Oltrisarco, ecco un reportage sull'espansione ovest di Bolzano, un'espansione nuova e sconosciuta ai concittadini che in questa zona non abitano. E' firmato da Gabriele Basilico, il fotografo internazionalmente noto per come ritrae le città europee: Cityscapes è il volume di recente produzione, dove raccoglie le immagini più inquietanti ed espressive del suo viaggio di quindici anni tra le strade vuote del moderno paesaggio urbano.

E' una nuova promozione dell'Assessorato alla cultura di lingua italiana della Provincia Autonoma di Bolzano, che persegue da anni un progetto di archivio fotografico per ritrarre irruenza inquieta e imprevedibile del nostro tempo. Un'attività culturale che offre continui spunti di studio e approfondimento sul nuovo linguaggio urbano, così fortemente articolato e sottilmente permeato di filosofia dell'architettura, di gestione del territorio, di mercato della casa, di qualità dell'abitare. Basilico fotografa la parte più nuova e oggi forse più viva e interessante della nostra città: quella che si è sviluppata a ovest di via Palermo e a sud di viale Druso, e che abbiamo chiamato un po' forzatamente Bolzano ovest, al posto del nome istituzionale di S. Giovanni Bosco, meno rappresentativo della nuova realtà abitativa. Questa parte comprende, tra alte edificazioni spontanee, la cosiddetta "Seconda zona di espansione" di viale Europa e le "Ex semi rurali", i due principali interventi edilizi realizzati negli ultimi trent'anni, che rappresentano da soli la metà del quartiere (25.000 abitanti, un quarto dell'intera città, di cui 4.000 di lingua tedesca). Fino agli anni trenta quasi una palude, la zona di Bolzano ovest venne bonificata durante il fascismo, per ospitare il quartiere delle semirurali, dopo una prima fase di edifici alti, molti fitti, costruiti su via Torino. Il progetto si inseriva nel programma "Bolzano, città di centomila abitanti", che Mussolini aveva fissato come obiettivo per ribaltare a favore degli Italiani la maggioranza della popolazione, fino ad allora esclusivamente tedesca. Nel 1957 il quartiere appariva ancora isolato nella campagna e raccoglieva circa quattromila persone in mille alloggi. Contro la previsione di un nuovo e vasto quartiere popolare ad ovest di via Resia che avrebbe favorito una nuova ondata di immigrazione italiana, la protesta sudtirolese di Castelfirmiano accusa lo Stato italiano di continuare ad usare i mezzi del precedente periodo fascista e chiede con forza di non procedere a ulteriori massicci espropri di terreno agricolo per un'edilizia popolare non condivisa. Nasce così l'idea di demolire le Semirurali, per ottenere, su una vasta superficie già di proprietà pubblica, un numero notevolmente maggiore dì alloggi popolari (da 800 a 2000). Negli ultimi anni cinquanta, come ultimo intervento centrale dello Stato, il programma di edilizia popolare nazionale denominato "Ina casa" realizza due interessanti gruppi di edifici, uno in via Parma firmato dall'arch. Pelizzari (per 1000 abitanti) e uno in via Sassari disegnato dall'arch. Ronca (per 500 abitanti), che ancora oggi mostrano la loro qualità abitativa e progettuale di alto livello. Il difficile compromesso politico culminato nella stesura del Piano Regolatore della città di Bolzano da parte dell'arch. Luigi Piccinato di Roma nel 1964, definisce la sostituzione di tutte le semirurali con nuove costruzioni ad alta densità e la realizzazione dl una "Seconda zona di espansione", ricavata nei terreni compresi tra via Resia e viale Druso, dove si prevedono le prime costruzioni di una certa altezza. In seguito all'entrata in vigore dello Statuto di autonomia provinciale e della riforma della casa del 1972 si apre subito l'attuazione della "Seconda zona di espansione" di viale Europa, dove la disponibilità immediata dei terreni permette la realizzazione di nuove costruzioni, senza il problema dello sfratto degli inquilini presenti1 come sarà necessario nel caso delle demolizione delle semirurali.

La seconda zona di espansione di viale Europa (16 ettari, 1400 alloggi, 5.000 abitanti, edilizia privata 55%, edilizia pubblica 45%) viene realizzata intorno alla fine degli anni settanta e prevede un 80% di aree per l'edilizia abitativa, oltre ad un 20% di aree per un centro direzionale. ì piano di attuazione è redatto dall'arch. Gigi Dalla Dona, su incarico dei proprietari dei terreni Come prevedeva la legge, con criteri aweniristici e di assoluta novità per Bolzano: larghissime autostrade urbane e grattacieli alti fino a quindici piani, seguendo soluzioni universalmente adottate, dopo la rivalutazione dei prezzi d' esproprio e l'inizio di una più diffusa pianificazione urbanistica. La viabilità separa i percorsi pedonali dai tracciati veicolari, che si ramificano in strade di penetrazione a servizio dei singoli edifici e che portano ai parcheggi interrati. I pedoni possono raggiungere, con un sistema di passerelle sopraelevate1 il centro commerciale senza incrociare il traffico automobilistico. Per la prima volta si attua una progettazione unitaria tra edilizia privata ed edilizia pubblica, prevedendo una discreta percentuale di edifici destinati al terziario. Uno schema d'assoluta novità, praticato ancora oggi solo in Alto Adige, e dovuto alla particolare sensibilità sociale del l'estensore della legge Alfons Benedikter. In un'area destinata all'Ipea si realizza un complesso di 150 alloggi, il primo di tali dimensioni realizzato a Bolzano, che adotta soluzioni innovative sia nella tipologia che nella tecnica edilizia. Con una distribuzione del vani su due piani (alloggi duplex) e con una parziale prefabbricazione edilizia si tenta di aprire una fase di sperimentazione che incida anche nei costi dì costruzione e dl manutenzione.

La presenza di un gruppo di edifici destinati a uffici e negozi nell'area intorno al "Plaza", con le passerelle pedonali in quota che uniscono i due lati della grande strada centrale, ha garantito che il quartiere non fosse un concentrato di sole abitazioni e che avesse un centro caratterizzante visivamente l'intera zona, Basilico evidenzia l'eccessivo dimensionamento delle corsie automobilistiche e gli strani rapporti spaziali delle passerelle pedonali, che si stagliano sullo sfondo alto degli edifici. Coglie anche, con il suo obiettivo, il tentativo dei progettisti dell'Ipea di caratterizzare formalmente i propri edifici come i "pifferi" dell'arch. Oswald Zoeggeler o i centocinquanta alloggi degli arch. Marcello Aquilina e Roland Veneri, che risultano più forti come immagini urbana degli anonimi prospetti dell'edilizia privata. Tali edifici, pur tra le forti critiche sulla tipologia a due piani e sulla tecnica costruttiva, emergono di gran lunga nell'effetto scenografico ed evidenziano il bisogno psicologico degli architetti di fornire significati anche monumentali alla semplice edilizia popolare, da sempre relegata ed assimilata al concetto di emarginazione.

Le "Ex semirurali1' (23 ettari - 2000 alloggi - abitanti 7.000 - 100% dl edilizia pubblica) vengono nuovamente e definitivamente regolate dal Piano urbanistico del 1976, che sottopone l'intera area alla stesura di un Piano d'attuazione, con una densità edilizia però più bassa rispetto al 1964. Il progetto viene redatto in soli sei mesi da Carlo Aymonino, Siegfried Unterberger, Roland Veneri e Oswald Zoeggeler e consegnato nel luglio del 1976. I progettisti propongono sette enormi corti (dimensione del lato 100 metri) con edifici abitativi alti sette piani, dove realizzare l' 85% della volumetria totale, e un centro con edifici fino a 9 piani, dove realizzare un 15% di terziario; cancellano le strade della vecchia viabilità e incanalano traffico e parcheggi sottoterra. Nel 1978 Aymonino progetta il primo lotto sul lato nord di via Cagliari e subito le forti critiche all'articolazione degli edifici, alle dimensioni delle corti, alla distribuzione degli alloggi tramite lunghi corridoi, alla smisurata aggregazione dei garage sotterranei, cominciano ad indebolire l'impianto stesso del Piano di attuazione appena approvato. Basilico evidenzia qui la qualità dell'effetto urbano e la monumentalità della strada stretta tra gli alti edifici, contro l'eccessivo frazionamento dei balconi delle grandi corti interne e la difficile interpretazione della volta vetrata del basso corpo centrale Pressato dai timori di non poter garantire una sufficiente qualità abitativa con edifici di quelle dimensioni e spinto dal malcontento degli assegnatari dei 150 alloggi da poco realizzati in viale Europa che lamentavano il forte ammassamento e il disprezzo per il tipo edilizio a due piani, I' Istituto comincia ad abbandonare l'impostazione a grandi corti di Aymonino e a rivedere i criteri per la realizzazione dei lotti successivi. Gli inglesi Darbourne & Darke, vincitori del concorso bandito per il secondo lotto a sud di via Cagliari, progettano unità abitative che aggregano solo 8 alloggi alla volta, raccolte attorno a piccoli cortili interni (dimensione del lato 6 metri). L'eccessiva articolazione progettuale del complesso concepito unitaria mente, sembra voler fornire un'immagine preconfezionata dì aggregazione spontanea di piccole individualità, chiuse e protette in sé stesse. Aymonino e gli Inglesi, "Alcatraz" e "Inglesine" casi come sono chiamati i due interventi dagli abitanti del quartiere, esprimono quindi due approcci antitetici nella progettazione dell'edilizia popolare e ricalcano a distanza di cinquant'anni la vicenda che aveva portato all'abbandono delle tipologie alte di via Torino per dare spazio al nuovo modello abitativo semirurale. Basilico ne evidenzia il carattere minuto che, pur gradevole e a misura d'uomo, è assimilabile ai paesaggi internazionali dei villaggi turistici. Soddisfatto così del risultato ottenuto nella variazione di scala urbanistica e nel maggior consenso acquisito, l'istituto affida agli Inglesi anche la revisione del terzo lotto, il centro del quartiere, situato strategicamente di fronte alla chiesa e alle scuole esistenti: la parte più importante del progetto, quella che deve caratterizzare anche in senso rappresentativo le Ex semirurali. Gli Inglesi prevedono la realizzazione di una strada e di una piazza interna al quartiere, chiudendo con una lunga stecca il fronte verso piazza Don Bosco, soluzione fortemente contrastata dall'arch. Marcello Vittorini che lavora nel frattempo alla rielaborazione del Piano urbanistico generale della città. Il lotto è diviso tra l'arch. Zeno Abram, che progetta il centro religioso e un gruppo di alloggi, Darbourne & Darke (poi sostituiti dall'arch. Erwin Plattner) che progettano la lunga stecca (il "muro" per gli abitanti del quartiere, cosiddetto per non essere riuscito ad Interpretare le aspettative per una nuova piazza) e un gruppo di edifici a destinazione terziaria che non riescono ad essere realizzati perché l'Istituto li ritiene sopradimensionati, mentre invece avrebbe potuto rompere la monofunzionalità abitativa (e solo pubblica) del quartiere. Il potere decisionale esclusivo dell'Istituto riduce così le potenzialità dell'effetto centro, peculiarità positiva del progetto Aymonino, che aveva intuito la necessità di un punto dì incontro con la vecchia piazza Don Bosco, riferimento storico e culturale obbligatorio del quartiere. Il problema è a tutt'oggi irrisolto e meriterebbe un studio adeguato, meglio se in collaborazione con gli abitanti interessati. Significativa l'immagine di Basilico che ritrae la vecchia chiesa Don Bosco, isolata nel fondo tra il nuovo che avanza e che sembra sommessamente chiedersi: dov'è il nuovo centro? Ancora un nuovo concorso è alla base della progettazione del quarto lotto tra via Alessandria e via Parma, dopo l'abbandono degli Inglesi. L'arch. Peter Paul Amplatz vince il primo premio e, oltre al gruppo centrale dl alloggi, rielabora il Piano di attuazione e suddivide, anche su richiesta degli architetti locali, l'area in lotti di dimensioni più contenute. Rispetto ai progetti precedenti non si legge qui, a realizzazione avvenuta, l'unità di impostazione, se non nel aver liberato le corti interne dalle automobili. Significativo il progetto degli arch. Facchini e Clauser che trovano forse, tra tutti i progetti sin qui analizzati, la dimensione di aggregazione più soddisfacente per gli alloggi (lato della corte 30 metri). Le citazioni degli archi al piano terra, della larghezza dei corpi edilizi, degli erker centrali, richiamano un po' troppo il modello medioevale dei portici di Bolzano, ed evidenziano un campionario formale molto esteso, nel tentativo di esprimere diversità e individualità nell'edilizia pubblica. Basilico, qui come sempre, fotografa in assenza di persone e decontestualizza i luoghi dall'uso quotidiano, per fare emergere ancor più l'oggetto architettonico in sé, che può essere letto così nella sua astrazione assoluta. Si può dire, al termine dell'operazione sulle "Ex semirurali", che il dibattito è stato serrato sul numero degli alloggi delle unità abitative e sulla dimensione delle corti interne, ma che non c'è stata invece una progettualità urbana adeguata, soprattutto nei rapporti tra il vecchio tessuto edificato del quartiere e le nuove realizzazioni, progettualità che rimane a tutti oggi incompiuta.

Concludono lì panorama di Bolzano ovest le ultime realizzazioni a nord di viale Druso, in gran parte edilizia privata e cooperative. Nella dimensione più contenuta, nell'attestarsi direttamente sulla strada di attraversamento più importante della città, queste costruzioni non hanno lo stesso respiro progettuale della Seconda zona di espansione o delle Ex semirurali. Mancano i collegamenti con un centro che faccia da riferimento per servizi e negozi e le realizzazioni appaiono ancora troppo recenti per cominciare a rappresentare un'identità in grado di esprimere una storia seppur minima o di raccontare nuovi bisogni. Basilico si ritrova qui a riprendere, nella protezione di un ingresso coperto di accesso al cortile, le lunghe linee orizzontali dei balconi bianchi che smaterializzano i volumi degli edifici.

Ma la città non é certo un organismo immobile: nuove esigenze e nuove progettualità produrranno iniziative per migliorare la qualità urbana e la vivibilità del quartiere, quando la fetta più giovane della popolazione, dopo aver trovato casa, troverà anche il modo di pensare ad altri diritti, come quello di ritrovarsi per divertirsi, per socializzare e per festeggiare in luoghi adeguati e pensati per questi usi. Scorrono così nelle fotografie di Basilico trent'anni di progetti, di idee, di ripensamenti, di lotte, di speranze, di case, di aspirazioni realizzate e non, di bambini che crescono e di altre persone che arrivano, e che per il momento hanno poco in cui sperare: Bolzano ovest nasce oggi come ritratto fotografico, ma da una generazione che già vive e soffre, per aumentare future speranze e per accogliere in positivo le continue e necessarie trasformazioni della nostra città.

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