Ancora
un'iniziativa folgorante ritrae immagini della nostra
città che vive e cresce: dopo il centro storico,
la zona commerciale sud e Oltrisarco, ecco un reportage
sull'espansione ovest di Bolzano, un'espansione
nuova e sconosciuta ai concittadini che in questa
zona non abitano. E' firmato da Gabriele Basilico,
il fotografo internazionalmente noto per come ritrae
le città europee: Cityscapes è il volume di recente
produzione, dove raccoglie le immagini più inquietanti
ed espressive del suo viaggio di quindici anni tra
le strade vuote del moderno paesaggio urbano.
E'
una nuova promozione dell'Assessorato alla cultura
di lingua italiana della Provincia Autonoma di Bolzano,
che persegue da anni un progetto di archivio fotografico
per ritrarre irruenza inquieta e imprevedibile del
nostro tempo. Un'attività culturale che offre continui
spunti di studio e approfondimento sul nuovo linguaggio
urbano, così fortemente articolato e sottilmente
permeato di filosofia dell'architettura, di gestione
del territorio, di mercato della casa, di qualità
dell'abitare. Basilico fotografa la parte più nuova
e oggi forse più viva e interessante della nostra
città: quella che si è sviluppata a ovest di via
Palermo e a sud di viale Druso, e che abbiamo chiamato
un po' forzatamente Bolzano ovest, al posto del
nome istituzionale di S. Giovanni Bosco, meno rappresentativo
della nuova realtà abitativa. Questa parte comprende,
tra alte edificazioni spontanee, la cosiddetta "Seconda
zona di espansione" di viale Europa e le "Ex semi
rurali", i due principali interventi edilizi realizzati
negli ultimi trent'anni, che rappresentano da soli
la metà del quartiere (25.000 abitanti, un quarto
dell'intera città, di cui 4.000 di lingua tedesca).
Fino agli anni trenta quasi una palude, la zona
di Bolzano ovest venne bonificata durante il fascismo,
per ospitare il quartiere delle semirurali, dopo
una prima fase di edifici alti, molti fitti, costruiti
su via Torino. Il progetto si inseriva nel programma
"Bolzano, città di centomila abitanti", che Mussolini
aveva fissato come obiettivo per ribaltare a favore
degli Italiani la maggioranza della popolazione,
fino ad allora esclusivamente tedesca. Nel 1957
il quartiere appariva ancora isolato nella campagna
e raccoglieva circa quattromila persone in mille
alloggi. Contro la previsione di un nuovo e vasto
quartiere popolare ad ovest di via Resia che avrebbe
favorito una nuova ondata di immigrazione italiana,
la protesta sudtirolese di Castelfirmiano accusa
lo Stato italiano di continuare ad usare i mezzi
del precedente periodo fascista e chiede con forza
di non procedere a ulteriori massicci espropri di
terreno agricolo per un'edilizia popolare non condivisa.
Nasce così l'idea di demolire le Semirurali, per
ottenere, su una vasta superficie già di proprietà
pubblica, un numero notevolmente maggiore dì alloggi
popolari (da 800 a 2000). Negli ultimi anni cinquanta,
come ultimo intervento centrale dello Stato, il
programma di edilizia popolare nazionale denominato
"Ina casa" realizza due interessanti gruppi di edifici,
uno in via Parma firmato dall'arch. Pelizzari (per
1000 abitanti) e uno in via Sassari disegnato dall'arch.
Ronca (per 500 abitanti), che ancora oggi mostrano
la loro qualità abitativa e progettuale di alto
livello. Il difficile compromesso politico culminato
nella stesura del Piano Regolatore della città di
Bolzano da parte dell'arch. Luigi Piccinato di Roma
nel 1964, definisce la sostituzione di tutte le
semirurali con nuove costruzioni ad alta densità
e la realizzazione dl una "Seconda zona di espansione",
ricavata nei terreni compresi tra via Resia e viale
Druso, dove si prevedono le prime costruzioni di
una certa altezza. In seguito all'entrata in vigore
dello Statuto di autonomia provinciale e della riforma
della casa del 1972 si apre subito l'attuazione
della "Seconda zona di espansione" di viale Europa,
dove la disponibilità immediata dei terreni permette
la realizzazione di nuove costruzioni, senza il
problema dello sfratto degli inquilini presenti1
come sarà necessario nel caso delle demolizione
delle semirurali.
La
seconda zona di espansione di viale Europa (16 ettari,
1400 alloggi, 5.000 abitanti, edilizia privata 55%,
edilizia pubblica 45%) viene realizzata intorno
alla fine degli anni settanta e prevede un 80% di
aree per l'edilizia abitativa, oltre ad un 20% di
aree per un centro direzionale. ì piano di attuazione
è redatto dall'arch. Gigi Dalla Dona, su incarico
dei proprietari dei terreni Come prevedeva la legge,
con criteri aweniristici e di assoluta novità per
Bolzano: larghissime autostrade urbane e grattacieli
alti fino a quindici piani, seguendo soluzioni universalmente
adottate, dopo la rivalutazione dei prezzi d' esproprio
e l'inizio di una più diffusa pianificazione urbanistica.
La viabilità separa i percorsi pedonali dai tracciati
veicolari, che si ramificano in strade di penetrazione
a servizio dei singoli edifici e che portano ai
parcheggi interrati. I pedoni possono raggiungere,
con un sistema di passerelle sopraelevate1 il centro
commerciale senza incrociare il traffico automobilistico.
Per la prima volta si attua una progettazione unitaria
tra edilizia privata ed edilizia pubblica, prevedendo
una discreta percentuale di edifici destinati al
terziario. Uno schema d'assoluta novità, praticato
ancora oggi solo in Alto Adige, e dovuto alla particolare
sensibilità sociale del l'estensore della legge
Alfons Benedikter. In un'area destinata all'Ipea
si realizza un complesso di 150 alloggi, il primo
di tali dimensioni realizzato a Bolzano, che adotta
soluzioni innovative sia nella tipologia che nella
tecnica edilizia. Con una distribuzione del vani
su due piani (alloggi duplex) e con una parziale
prefabbricazione edilizia si tenta di aprire una
fase di sperimentazione che incida anche nei costi
dì costruzione e dl manutenzione.
La
presenza di un gruppo di edifici destinati a uffici
e negozi nell'area intorno al "Plaza", con le passerelle
pedonali in quota che uniscono i due lati della
grande strada centrale, ha garantito che il quartiere
non fosse un concentrato di sole abitazioni e che
avesse un centro caratterizzante visivamente l'intera
zona, Basilico evidenzia l'eccessivo dimensionamento
delle corsie automobilistiche e gli strani rapporti
spaziali delle passerelle pedonali, che si stagliano
sullo sfondo alto degli edifici. Coglie anche, con
il suo obiettivo, il tentativo dei progettisti dell'Ipea
di caratterizzare formalmente i propri edifici come
i "pifferi" dell'arch. Oswald Zoeggeler o i centocinquanta
alloggi degli arch. Marcello Aquilina e Roland Veneri,
che risultano più forti come immagini urbana degli
anonimi prospetti dell'edilizia privata. Tali edifici,
pur tra le forti critiche sulla tipologia a due
piani e sulla tecnica costruttiva, emergono di gran
lunga nell'effetto scenografico ed evidenziano il
bisogno psicologico degli architetti di fornire
significati anche monumentali alla semplice edilizia
popolare, da sempre relegata ed assimilata al concetto
di emarginazione.
Le
"Ex semirurali1' (23 ettari - 2000 alloggi - abitanti
7.000 - 100% dl edilizia pubblica) vengono nuovamente
e definitivamente regolate dal Piano urbanistico
del 1976, che sottopone l'intera area alla stesura
di un Piano d'attuazione, con una densità edilizia
però più bassa rispetto al 1964. Il progetto viene
redatto in soli sei mesi da Carlo Aymonino, Siegfried
Unterberger, Roland Veneri e Oswald Zoeggeler e
consegnato nel luglio del 1976. I progettisti propongono
sette enormi corti (dimensione del lato 100 metri)
con edifici abitativi alti sette piani, dove realizzare
l' 85% della volumetria totale, e un centro con
edifici fino a 9 piani, dove realizzare un 15% di
terziario; cancellano le strade della vecchia viabilità
e incanalano traffico e parcheggi sottoterra. Nel
1978 Aymonino progetta il primo lotto sul lato nord
di via Cagliari e subito le forti critiche all'articolazione
degli edifici, alle dimensioni delle corti, alla
distribuzione degli alloggi tramite lunghi corridoi,
alla smisurata aggregazione dei garage sotterranei,
cominciano ad indebolire l'impianto stesso del Piano
di attuazione appena approvato. Basilico evidenzia
qui la qualità dell'effetto urbano e la monumentalità
della strada stretta tra gli alti edifici, contro
l'eccessivo frazionamento dei balconi delle grandi
corti interne e la difficile interpretazione della
volta vetrata del basso corpo centrale Pressato
dai timori di non poter garantire una sufficiente
qualità abitativa con edifici di quelle dimensioni
e spinto dal malcontento degli assegnatari dei 150
alloggi da poco realizzati in viale Europa che lamentavano
il forte ammassamento e il disprezzo per il tipo
edilizio a due piani, I' Istituto comincia ad abbandonare
l'impostazione a grandi corti di Aymonino e a rivedere
i criteri per la realizzazione dei lotti successivi.
Gli inglesi Darbourne & Darke, vincitori del concorso
bandito per il secondo lotto a sud di via Cagliari,
progettano unità abitative che aggregano solo 8
alloggi alla volta, raccolte attorno a piccoli cortili
interni (dimensione del lato 6 metri). L'eccessiva
articolazione progettuale del complesso concepito
unitaria mente, sembra voler fornire un'immagine
preconfezionata dì aggregazione spontanea di piccole
individualità, chiuse e protette in sé stesse. Aymonino
e gli Inglesi, "Alcatraz" e "Inglesine" casi come
sono chiamati i due interventi dagli abitanti del
quartiere, esprimono quindi due approcci antitetici
nella progettazione dell'edilizia popolare e ricalcano
a distanza di cinquant'anni la vicenda che aveva
portato all'abbandono delle tipologie alte di via
Torino per dare spazio al nuovo modello abitativo
semirurale. Basilico ne evidenzia il carattere minuto
che, pur gradevole e a misura d'uomo, è assimilabile
ai paesaggi internazionali dei villaggi turistici.
Soddisfatto così del risultato ottenuto nella variazione
di scala urbanistica e nel maggior consenso acquisito,
l'istituto affida agli Inglesi anche la revisione
del terzo lotto, il centro del quartiere, situato
strategicamente di fronte alla chiesa e alle scuole
esistenti: la parte più importante del progetto,
quella che deve caratterizzare anche in senso rappresentativo
le Ex semirurali. Gli Inglesi prevedono la realizzazione
di una strada e di una piazza interna al quartiere,
chiudendo con una lunga stecca il fronte verso piazza
Don Bosco, soluzione fortemente contrastata dall'arch.
Marcello Vittorini che lavora nel frattempo alla
rielaborazione del Piano urbanistico generale della
città. Il lotto è diviso tra l'arch. Zeno Abram,
che progetta il centro religioso e un gruppo di
alloggi, Darbourne & Darke (poi sostituiti dall'arch.
Erwin Plattner) che progettano la lunga stecca (il
"muro" per gli abitanti del quartiere, cosiddetto
per non essere riuscito ad Interpretare le aspettative
per una nuova piazza) e un gruppo di edifici a destinazione
terziaria che non riescono ad essere realizzati
perché l'Istituto li ritiene sopradimensionati,
mentre invece avrebbe potuto rompere la monofunzionalità
abitativa (e solo pubblica) del quartiere. Il potere
decisionale esclusivo dell'Istituto riduce così
le potenzialità dell'effetto centro, peculiarità
positiva del progetto Aymonino, che aveva intuito
la necessità di un punto dì incontro con la vecchia
piazza Don Bosco, riferimento storico e culturale
obbligatorio del quartiere. Il problema è a tutt'oggi
irrisolto e meriterebbe un studio adeguato, meglio
se in collaborazione con gli abitanti interessati.
Significativa l'immagine di Basilico che ritrae
la vecchia chiesa Don Bosco, isolata nel fondo tra
il nuovo che avanza e che sembra sommessamente chiedersi:
dov'è il nuovo centro? Ancora un nuovo concorso
è alla base della progettazione del quarto lotto
tra via Alessandria e via Parma, dopo l'abbandono
degli Inglesi. L'arch. Peter Paul Amplatz vince
il primo premio e, oltre al gruppo centrale dl alloggi,
rielabora il Piano di attuazione e suddivide, anche
su richiesta degli architetti locali, l'area in
lotti di dimensioni più contenute. Rispetto ai progetti
precedenti non si legge qui, a realizzazione avvenuta,
l'unità di impostazione, se non nel aver liberato
le corti interne dalle automobili. Significativo
il progetto degli arch. Facchini e Clauser che trovano
forse, tra tutti i progetti sin qui analizzati,
la dimensione di aggregazione più soddisfacente
per gli alloggi (lato della corte 30 metri). Le
citazioni degli archi al piano terra, della larghezza
dei corpi edilizi, degli erker centrali, richiamano
un po' troppo il modello medioevale dei portici
di Bolzano, ed evidenziano un campionario formale
molto esteso, nel tentativo di esprimere diversità
e individualità nell'edilizia pubblica. Basilico,
qui come sempre, fotografa in assenza di persone
e decontestualizza i luoghi dall'uso quotidiano,
per fare emergere ancor più l'oggetto architettonico
in sé, che può essere letto così nella sua astrazione
assoluta. Si può dire, al termine dell'operazione
sulle "Ex semirurali", che il dibattito è stato
serrato sul numero degli alloggi delle unità abitative
e sulla dimensione delle corti interne, ma che non
c'è stata invece una progettualità urbana adeguata,
soprattutto nei rapporti tra il vecchio tessuto
edificato del quartiere e le nuove realizzazioni,
progettualità che rimane a tutti oggi incompiuta.
Concludono
lì panorama di Bolzano ovest le ultime realizzazioni
a nord di viale Druso, in gran parte edilizia privata
e cooperative. Nella dimensione più contenuta, nell'attestarsi
direttamente sulla strada di attraversamento più
importante della città, queste costruzioni non hanno
lo stesso respiro progettuale della Seconda zona
di espansione o delle Ex semirurali. Mancano i collegamenti
con un centro che faccia da riferimento per servizi
e negozi e le realizzazioni appaiono ancora troppo
recenti per cominciare a rappresentare un'identità
in grado di esprimere una storia seppur minima o
di raccontare nuovi bisogni. Basilico si ritrova
qui a riprendere, nella protezione di un ingresso
coperto di accesso al cortile, le lunghe linee orizzontali
dei balconi bianchi che smaterializzano i volumi
degli edifici.
Ma
la città non é certo un organismo immobile: nuove
esigenze e nuove progettualità produrranno iniziative
per migliorare la qualità urbana e la vivibilità
del quartiere, quando la fetta più giovane della
popolazione, dopo aver trovato casa, troverà anche
il modo di pensare ad altri diritti, come quello
di ritrovarsi per divertirsi, per socializzare e
per festeggiare in luoghi adeguati e pensati per
questi usi. Scorrono così nelle fotografie di Basilico
trent'anni di progetti, di idee, di ripensamenti,
di lotte, di speranze, di case, di aspirazioni realizzate
e non, di bambini che crescono e di altre persone
che arrivano, e che per il momento hanno poco in
cui sperare: Bolzano ovest nasce oggi come ritratto
fotografico, ma da una generazione che già vive
e soffre, per aumentare future speranze e per accogliere
in positivo le continue e necessarie trasformazioni
della nostra città.
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