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  LUCA GIORDANO
 


Incontro dei Santi Carlo Borromeo e Filippo Neri
olio su tela, cm 304x202
Firmato e datato: Jordanus/F. 1704
Napoli, Chiesa dei Girolamini

L'opera è stata eseguita da Giordano dopo il suo ritorno dal soggiorno in Spagna, nell'ultimissima fase di attività del prolifico pittore napoletano. E' il tempo degli affreschi della scodella nel Tesoro Nuovo della Certosa di San Martino, delle tele di Donna Regina, della decorazione della sagrestia di Santa Brigida. Il pittore alterna soluzioni di libertà pittorica, che aprono al Rococò italiano ed europeo, ad esperienze di rivisitazione delle sue fonti giovanili, in questo caso Mattia Preti, ormai completamente personalizzate in una nuova e drammatica essenzialità di linguaggio.
Il dipinto, assieme ad altri, decora la terza cappella a sinistra della Chiesa dei Gerolamini, già ornata "marmore et picturis" da Carlo Lombardo.

Il De Dominici, il suo primo biografo, così descriveva l'opera: "il santo cardinale che visita San Filippo e gli offerisce una quantità di monete d'oro portata da alcuni paggi in bacini d'argento per la fabbrica della chiesa che si vede erigere da vari fabbri, alcuni de' quali situati di prima veduta pajon dipinti con gusto tizianesco". L'opera venne molto elogiata dai contemporanei. "Il quadro ….. è ben colorito, franco l'impastato, bello ideato e ben ombrato" (Giannone 1771-1773). Anche la critica moderna condivide il giudizio che il vecchio Giordano raggiunge in questa tela un risultato felice, che attesta un ulteriore accrescimento del suo linguaggio espressivo, nell'utilizzo di una tipica luce luminescente e nell'adozione di uno schema piramidale classicheggiante. L'ampia monumentalità dell'impianto compositivo, l'uso di un impasto cromatico vigoroso e di violente lumeggiature è un ritorno alla lezione del Preti, forse suggerito dalla conoscenza di analoghi lavori condotti contemporaneamente da Francesco Solimena. Dell'opera esiste un bozzetto olio su tela, cm. 64,8x51,4 ora in collezione privata a Londra, che reca alcune varianti rispetto alla versione finale.

Mostre: Napoli 1979 n. 58; Atene 1984; Napoli 2001.

Bibliografia: Rossana Muzii, Luca Giordano1634-1705, Electa, Milano, 2001; Ferrari - Scavizzi 1966,I, p. 176-179, II, p. 233; Spinosa 1979, I, p. 150, n.58; Pretelli- Middione in Atene 1984, p. 57; Spinosa 1986, I, p. 101, n. 2; Ferrari - Scavizzi 1992, I, p. 359 A720 a, II, fig. 944.

Nota: San Carlo Borromeo (1530-1584) e San Filippo Neri (1515-1595) vengono accomunati per la comune influenza esercitata nella Controriforma della chiesa, comparabile con quella di Ignazio di Loyola. Il cardinale Carlo Borromeo fu arcivescovo di Milano e apparteneva ad un'importante famiglia dell'aristocrazia, da parte di madre imparentato con i Medici. Fu il grande protagonista della sessione finale del Concilio di Trento e di pieno sostegno allo zio Papa Pio IV. Fu il primo cardinale che decise di vivere nella propria diocesi con uno stile di vita molto semplice. Venne considerato santo già in vita per il comportamento eroico tenuto durante la carestia del 1570 e la pestilenza del 1576. Usò le ricchezze della sua famiglia per sfamare Milano e si occupò personalmente della cura degli appestati. Il fiorentino Filippo Neri, attratto dagli studi, si recò a Roma per dedicarsi alla filosofia e alla teologia. Dopo una profonda crisi religiosa abbandonò gli studi per dedicarsi all'assistenza ai poveri e alla preghiera. Nel 1548 fondò una confraternita per accogliere i pellegrini che giungevano a Roma e per prendersi cura dei malati più poveri. Aveva straordinarie doti di predicatore. I suoi seguaci vennero chiamati Girolamini perché i primi cinque di loro si incontravano nell'oratorio costruito all'esterno della navata di San Girolamo a Roma. Nel giro di qualche anno la congregazione divenne una grande realtà spirituale, approvata dal Papa nel 1575, che gli donò la chiesa di Santa Maria in Vallicella. Si diffuse rapidamente in molte altre città italiane e si distinse per la costruzione di nuove chiese tra cui questa di Napoli.

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I LUOGHI DI LUCA GIORDANO

Luca Giordano nasce a Napoli nel 1634, figlio di un modesto pittore e commerciante di quadri. Dall'inizio del Seicento Napoli è una della più importanti realtà culturali e artistiche del Mediterraneo, un centro dinamico e vitale, aperto alla circolazione di nuove idee. In città vengono chiamati anche affermati artisti italiani e stranieri, come Caravaggio, che vi soggiorna due volte nel 1606-1607 e poco prima della sua morte. Giordano compie le sue prime esperienze studiando questi maestri e in particolare è accolto nella bottega del Ribera, spagnolo, attivo a Napoli dal 1626, che ne influenza lo stile negli anni giovanili. Dopo questa prima esperienza, il giovane pittore si sposta a Roma, Firenze e Venezia. Studia Rubens, Pietro da Cortona e il manierismo veneto del secolo precedente. Torna a Napoli nel 1653, sviluppa la sua pittura in chiave barocca ma senza dimenticare il naturalismo di Caravaggio, si accosta anche a Mattia Preti, altro importante artista meridionale. Giordano dipinge così alcune opere fondamentali per la definizione del Barocco napoletano: il San Nicola nella chiesa di Santa Brigida, la Madonna del Rosario di Capodimonte, il San Michele, Sant'Anna e la Vergine nella chiesa dell'Ascensione a Chiaia.
Tra il 1664 e il 1665 è a Venezia per lavori importanti in alcune chiese della città, con precedenti tappe a Firenze e a Parma. Esempi della raggiunta maturità stilistica sono le grandi decorazioni ad affresco all'Abbazia di Monte Cassino (1677-78), nella chiesa di Santa Brigida (1678) e nella chiesa di San Gregorio Armeno a Napoli (1678-79).

Nel 1682 è di nuovo a Firenze per la decorazione della cappella Corsini nella chiesa del Carmine e comincia i bozzetti per la decorazione della biblioteca della galleria di Palazzo Medici Riccardi che verrà poi completata nel 1685. Qui la sua ricerca si concretizza in risultati di chiara ed eccezionale novità. Nella parte centrale della galleria raffigura La glorificazione della dinastia Medici o l'Apoteosi dei Medici, sui lati lunghi allegorie dei quattro elementi aria, terra, fuoco, acqua, negli angoli le quattro virtù cardinali e alle due estremità L'Antro dell'Eternità e Minerva come protettrice delle arti e delle scienze. Il trattamento di Giordano del soffitto, come un singolo campo pittorico, senza alcuna struttura architettonica o sistema a quadratura, ha un debito verso gli affreschi di Palazzo Pitti di Pietro da Cortona. Il senso nuovo di spazialità continua ed infinita deriva però dalle idee del Bernini, tradotte in pittura dal Gaulli, da cui riprende gli effetti di dilagante luminosità. E' straordinaria la capacità di Giordano di esaltare nella sua pittura il meglio delle idee degli altri accostandole e mescolandole in una nuova grandissima sintesi. I diversi episodi figurativi si collegano in uno straordinario "continuum" narrativo e compositivo corrispondente all'idea del continuo spettacolo della natura che è alla base del Barocco. Impiega una tavolozza particolarmente chiara e dipinge vaste zone della volta con cielo azzurro, eseguito in oltremarino. I verdi dominano l'area direttamente sopra il cornicione, i panneggi delle numerose figure offrono occasionali accenti di rosso, giallo, azzurro e violetto. Il lavoro d'altra parte gli porta una fama duratura ed un successo internazionale grandissimo. Con questo lavoro influenzerà la pittura europea fino al '700 inoltrato. E' questo il capolavoro della maturità di Giordano, in cui si rivela la sua capacità di organizzare grandi composizioni, con una continua invenzione fantastica.

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Ritornato da Firenze Giordano svolge un'attività infaticabile soprattutto con importanti commissioni ecclesiastiche e opere di natura devozionale. Nel '84 affresca la Cacciata dei mercanti dal Tempio ai Gerolamini; esegue nel '85 le Storie di Sant'Antonio per il Gesù delle Monache, completa nel '87 la decorazione di San Gregorio Armeno, del '91 sono le opere di Montecassino, nel '92 completa le grandi tele dei Santi Apostoli e gli affreschi per la cupola di Santa Maria Donna Romita. Esegue poi numerose pale d'altare in diverse chiese della città e molte altre opere poi scomparse. Tutte queste vaste decorazioni andavano mutando il volto della Napoli sacra: Giordano aveva creato uno stile che si incontrava perfettamente con il gusto del tempo.

Nel 1692 viene invitato a Madrid dal re Carlo II d'Asburgo. In Spagna soggiorna dieci anni, impegnato negli affreschi dell'Escorial, del Cason del retiro, nella sagrestia della cattedrale di Toledo. Dipinge anche un numero incredibile di tele che confermano la sua caratteristica rapidità di esecuzione che gli valse il soprannome di "Luca fa Presto". Giordano inizia la sua attività in Spagna nella volta dell'Escalera del Monastero di San Lorenzo all'Escorial, realizzando un vasto affresco con l'esaltazione delle gesta di Carlo V e Filippo II. Carlo V e Filippo II offrono i loro doni e adorano la Trinità con la Vergine, San Lorenzo e San Girolamo, negli angoli sono rappresentate le quattro virtù cardinali e ai lati la Chiesa Cattolica e la reggia maestà. Nelle velette monocrome altre gesta di Carlo V. Nel fregio sottostante, a olio su tela, è raffigurata la Battaglia di San Quintino, dove viene posta in luce la missione degli Asburgo propiziata dai patroni San Lorenzo e San Girolamo. L'immensa superficie di spazi disponibili, "un ampio cielo", gli permette di esprimere tutte le sue potenzialità fantastiche. La volta dell'Escalera differisce da qualsiasi altra opera precedente del Giordano: le decorazioni di Montecassino e la stessa Galleria di Palazzo Riccardi, per le loro dimensioni, avevano impedito un vero sfondamento spaziale che qui finalmente si realizza. Il Giordano trasferisce nell'opera la liquefatta scioltezza dei suoi bozzetti. Le allegorie, le nubi perdono l'aspetto di forme plastiche e diventano luci e ombre. Abbandona il concetto del luminismo caravaggesco, che esprime ancora eredità rinascimentali di strutturazione salda delle figure, a favore della rappresentazione di una realtà evanescente e sognata: la sua poetica futura. La pittura "a tocco" di Velàzquez fu il tramite per la conquista di questa nuova capacità espressiva. Ma la grande volta è anche il compendio di un secolo di arte italiana, tradotta con mente moderna. Usa le sue reminiscenze culturali e ogni mezzo, offerto dalla tradizione, per tenere dietro alla sua immaginazione: il ricordo del miglior Lanfranco, il turbinoso cerchio di gambe scorciate di "sottoinsù" del Correggio, nel Duomo di Parma. Soprattutto è evidente un riferimento all'opera del Gaulli e alle idee berniniane: egli costruisce lo spazio in ragione di luce e non di prospettiva. L'elemento più appariscente della sua arte, in questo momento, è la sua vena narrativa. La sua pittura si manifesta in un meraviglioso spettacolo di luci, forme, colori tipicamente barocchi in tutti gli altri interventi: la decorazione della chiesa dell'Escorial, la volta del Cason del buen retiro (1697), la sacrestia della cattedrale di Toledo (1698) e nella chiesa di Sant'Antonio (1698-1700).
Tornato a Napoli nel 1702, ormai settantenne, toccò il vertice della sua pittura con la spazialità continua e incommensurabile della decorazione a fresco del cupolino della cappella del Tesoro nella certosa di San Martino con al centro il Trionfo di Giuditta e intorno altre storie del vecchio testamento. Gli affreschi, iniziati nel 1703, vennero completati nel 1704, anno della sua morte. E' questa un'opera esemplare, già proiettata nel gusto settecentesco, che influenzerà, infatti, i maggiori artisti del nuovo secolo, Tiepolo e Goya. Di questo periodo sono le tele per la chiesa dei Gerolamini, di cui presentiamo in esposizione l'Incontro dei Santi Carlo Borromeo e Filippo Neri.
Da ultimo vogliamo accennare ad un episodio poco noto della storia dell'arte dell'Alto Adige che lega Luca Giordano alla nostra terra. Il dono che il Re di Spagna Carlo II d'Asburgo fece al monaco sudtirolese Gabriel Pontifiser, confessore della regina Maria Anna di Neuburg e per questo molto influente alla corte di Spagna, per arredare il Convento dei Cappuccini di Chiusa, che il monaco volle costruire al suo rientro in patria.

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