Provincia Autonoma di Bolzano
  19 Ripartizione Lavoro

B. Predisposizione ed uso di una PREVISIONE DEL FABBISOGNO
Nella predisposizione e nell'utilizzo di una previsione del fabbisogno viene a porsi tutta una serie di problemi di fondo, che si cercherà qui di sintetizzare nel successivo capitolo I). Il capitolo II) esporrà invece i singoli problemi di una previsione di fabbisogno specifica per la provincia di Bolzano.

I. Problemi generali
Una previsione del fabbisogno finalizzata ad indirizzare la politica della formazione professionale dovrà essere predisposta per il lungo periodo, e quanto più lungo sarà questo periodo, tanto più incerta risulterà la prevedibilità. La politica della formazione deve infatti già oggi indicare gli orientamenti per il prossimo millennio, poiché per un cambiamento di tale sistema sono necessari tempi lunghi. Riforme radicali nel campo della formazione professionale devono tener anzitutto conto del tempo necessario per la formazione del capitale umano nel sistema educativo, vale a dire la formazione degli insegnanti di nuove discipline. Poi, mutato il quadro generale, occorre un certo tempo perché il nuovo sistema entri a regime. Quindi una previsione di una qualche utilità non può coprire un arco di tempo inferiore a 10 anni.
La previsione del fabbisogno ai fini della politica dell'occupazione può essere invece compiuta nel breve periodo, ma dipende dal canto suo dallo sviluppo della congiuntura, per conoscere il quale occorre a sua volta elaborare una previsione della politica congiunturale.
Una prevedibilità è già logicamente impossibile in particolare nella valutazione della struttura economica e della produttività futura; essa non sarebbe altro che una "pretensione di cognizione" (F. A. v. Hayek). I fattori determinanti la struttura di domani - in particolare le innovazioni ma anche gli interventi di politica economica e gli sviluppi dell'economia mondiale - non possono essere noti già oggi: se conoscessimo già ora le innovazioni, non sarebbero più innovazioni.
Una previsione consistente nella proiezione di un trend presenta il difetto di estrapolare sviluppi talvolta a breve termine per formulare ipotesi di lungo periodo. Inoltre in passato sono stati operati taluni interventi di politica economica - in parte anche per equilibrare la domanda e l'offerta sul mercato del lavoro - la cui efficacia verrebbe anch'essa estrapolata nel futuro, per cui per il futuro occorrerebbe prevedere la conservazione di questi meccanismi di riequilibrio nella loro forma attuale. Questa previsione dello status quo della politica economica trascura tuttavia il fattore dell'apprendimento: che cioè attraverso lo sviluppo attuale e la politica economica del passato si è modificato il comportamento di chi opera sul mercato del lavoro, come pure quello dei politici che influenzano tale mercato, e che ciò determinerà quindi l'avvio di interventi di nuovo tipo. Inoltre in passato sono stati varati provvedimenti, quali ad esempio quelli volti all'integrazione del mercato del lavoro, i cui effetti non si sono ancora fatti sentire ma si avvertiranno in futuro.
Per il passato è difficile valutare persino il livello della disoccupazione: qual è infatti la disoccupazione occulta, quella che si può considerare riserva di forze di lavoro? (per esempio sotto forma di occupazione su posti di lavoro meno qualificati o di prepensionamento anticipato: un fenomeno abbastanza significativo sia in Austria che in Italia).
Il raffronto di previsioni indipendenti dell'offerta complessiva e della domanda può evidenziare degli squilibri tali da comportare un aumento o una diminuzione della disoccupazione nel suo complesso o in singoli scomparti. Non si può quindi pronosticare con precisione quali processi riporteranno in equilibro questi saldi sbilanciati: si tratterà di processi del mercato, come per esempio la migrazione di forze di lavoro o variazioni del livello e della struttura salariale? E quale sarà la flessibilità di tale livello e struttura salariale, quale sarà l'ordine di grandezza di questa mobilità e quindi della migrazione internazionale di forze di lavoro?
In passato anche l'ipotizzata interazione tra formazione e professione si è dimostrata non chiara e duratura. Il sistema dell'occupazione è in grado di reagire con elasticità ai cambiamenti del sistema formativo, e quindi non è un fattore determinante di tipo indipendente. Se per esempio aumenta l'offerta di laureati, i presupposti formali per l'accesso a determinate professioni vengono in certi casi inaspriti e quindi le persone già dotate di una qualificazione minore vengono emarginate. E' il caso per esempio dei diplomati universitari in economia aziendale in Austria, in parte emarginati dai laureati in scienze commerciali. In certi casi si è peraltro visto che con l'aumentare dell'offerta di professioni qualificate sono venuti a crearsi anche posti di lavoro più qualificati, in grado di assorbire tale pronosticato esubero.
Pertanto il Principio della domanda sociale (Social Demand Approach) tende a non sovraccentuare l'autonomia del sistema dell'occupazione. Questo principio parte dal presupposto della libera scelta della formazione e sottolinea il valore intrinseco di questa quale bene di consumo. E' tuttavia un'ottica che trascura il fatto che una scelta completamente libera della propria formazione professionale, che prescinde dalle effettive possibilità di svolgere una tale professione, può determinare profondi squilibri se non si tiene conto delle tendenze più evidenti del fabbisogno. Entrambi i principi devono quindi prestare attenzione alla simbiosi esistente tra il sistema formativo e quello dell'occupazione.
Nel lungo termine ci sarà probabilmente una maggiore mobilità, come pure una flessibilità dei salari e dei prezzi, in grado di bilanciare gli squilibri tra domanda e offerta. Ma nel frattempo vi potranno essere disoccupazione o carenze in determinate professioni, in determinati scomparti o in determinate aree.
Dalle difficoltà di elaborare una previsione per il mercato del lavoro, com'esse si sono evidenziate nell'imprevedibile sviluppo di questi ultimi anni, si può dedurre l'importanza della mobilità e della flessibilità per il mercato del lavoro. L'adeguamento ai nuovi sviluppi va sostenuto da una mobilità professionale, spaziale ed aziendale, e va tenuto presente anche nella fase della formazione.
Per orientare il sistema formativo vanno impiegati se possibile strumenti di economia di mercato, che consentano un adeguamento più rapido ed efficiente rispetto a regolamentazioni imposte dallo stato. Queste infatti non contengono nel loro sistema di controllo stimoli sufficienti a consentire una reazione flessibile a nuovi sviluppi. L'efficienza delle spese sostenute per la formazione professionale è di difficile quantificazione, il che si può dire anche per altri settori della spesa pubblica.

II. Problemi specifici di una previsione per la provincia di Bolzano

1. Valutazione del fabbisogno a breve, previsioni congiunturali
Nel breve periodo (circa un quinquennio) non si possono ipotizzare grandi cambiamenti della struttura della domanda e dell'offerta. Vi possono invece essere transitorie oscillazioni congiunturali, nel corso delle quali si può verificare una disoccupazione in settori sensibili alla congiuntura (industria dei beni di investimento, edilizia, prodotti di base, industria concorrente nell'export e nell'import). Per tenere quest'ultima sotto controllo esiste da un lato uno strumentario di tipo congiunturale (politica valutaria, monetaria, fiscale e dei redditi) e dall'altro uno di tipo occupazionale.
Una prognosi a breve (per i prossimi anni) si può ricavare dalle varie previsioni congiunturali (OCSE, prognosi nazionali e regionali ecc.), la cui affidabilità è tuttavia limitata in particolare con riferimento al momento della svolta. In ogni modo tale affidabilità sembra relativamente alta per il 1995-1996. Con l'adeguamento del corso della Lira, affiancato dalla ripresa congiunturale internazionale, si è venuta infatti a creare una spinta positiva che con un certo grado di sicurezza si può prevedere durerà per circa un anno ancora. Dal commercio estero e dal turismo questa ripresa si è estesa gradualmente fino ad allargare la domanda interna ad un livello di autosufficienza.
Sul mercato del lavoro questa tendenza si è evidenziata già ben presto nell'aumento degli straordinari e nella riduzione dell'orario ridotto (cassa integrazione), elementi che come il solito costituiscono il primo ammortizzatore in una crescita della domanda, quando cioè le imprese non vogliono operare nuove assunzioni fintantoché lo sviluppo della domanda rimarrà troppo incerto. Inoltre c'è da tener presente che nel periodo di bassa congiuntura parte del personale amministrativo non era occupato al pieno delle sue potenzialità. E neppure la crescita della produttività derivante dalla regressione dei costi fissi comporta all'inizio della ripresa una riduzione della disoccupazione proporzionale all'aumento della produzione (Legge di Okun). Questo fenomeno tocca in particolare la disoccupazione giovanile, in quanto alla ripresa vengono assunti per primi i disoccupati dotati di una determinata qualificazione od esperienza oppure quelli "occultati" nella riserva di forze di lavoro. Può in complesso affermarsi che in Italia finirà per diminuire anche il tasso di disoccupazione giovanile, al momento ancora crescente. Per la provincia di Bolzano comunque quello della disoccupazione tra i giovani non è mai stato un problema grave come per il resto d'Italia (in particolare se raffrontato col meridione e col suo 56% di giovani inoccupati): un risultato notoriamente dovuto in gran parte al carattere dualistico del sistema formativo adottato in provincia.
In questo ordinario andamento congiunturale si riesce tuttavia già a distinguere il fattore che agirà da freno sulla ripresa: si delinea ormai con chiarezza quell'attesa crescita dei tassi di cambio e dei prezzi che finirà per riallineare stabilmente l'Italia ai livelli esteri e quindi per riportare la concorrenza in equilibrio.
Come anche nei precedenti cicli congiunturali, la provincia di Bolzano - provincia fortemente orientata al commercio estero - è interessata prima e con maggior intensità del resto d'Italia a tali sviluppi nel campo della produzione, del lavoro e dell'inflazione. Inoltre la domanda turistica internazionale, più importante per questa provincia che non per il resto del paese, come al solito reagisce alle variazioni del tasso di cambio con maggior rapidità - e talvolta anche energia - del commercio estero.
La situazione congiunturale favorevole non deve tuttavia far ritenere che non si tratti di una ripresa duratura ma che sia solo un fenomeno transitorio. Situazioni analoghe si sono ripetute più volte in passato e hanno determinato in provincia anche forme di "surriscaldamento" congiunturale - come quello del 1979-80 - che hanno poi portato all'adozione di misure di rallentamento congiunturale come il Piano di sviluppo provinciale. Si può comunque prevedere che non vi saranno più reazioni di tale portata, poiché per l'aumentata autonomia della Banca d'Italia e per il suo conseguente maggior orientamento ad una stabilità del corso e dei prezzi la politica monetaria interverrà stavolta con maggiore tempestività, anche se non è ovviamente possibile prevedere con precisione il momento e la portata di tali interventi.
Se la politica monetaria e quella congiunturale si possono considerare fattori a breve termine, lo stato delle finanze pubbliche italiane costituisce invece un problema che influenzerà lo sviluppo del paese - e quindi anche il mercato del lavoro locale - sia nel breve che nel lungo periodo.
L'influenza che la politica finanziaria avrà sull'occupazione dipenderà dal ritmo e dalla struttura degli interventi di risanamento finanziario. Per formulare una prognosi non ci si potrà qui basare sui piani e sulle tappe di risanamento annunciate dal Governo, perché non è ancora assicurato l'assenso del Parlamento.
Se entro il 1998 il deficit di bilancio e l'indebitamento verranno effettivamente fatti rientrare rispettivamente nel limite del 3% (attualmente 8%) e del 60% (attualmente 125%) previsti dai criteri di convergenza di Maastricht, si dovrà probabilmente segnare un forte contraccolpo congiunturale e occupazionale, con perdita di posti di lavoro in numerosi scomparti, poiché i salari, i prezzi e la produzione non potranno adeguarsi con sufficiente flessibilità a mutamenti così radicali. Una drastica riduzione dell'indebitamento (oltre il 60% in 4 anni) significherebbe segnare per ciascun anno un attivo di bilancio di quasi il 15%, in luogo dell'attuale 8% di passivo.
E' comunque ipotizzabile un secondo scenario, nel quale accanto al deficit di bilancio si possano rendere meno drastici i tagli alle spese aumentando il volume delle privatizzazioni ed incrementando le entrate. Potrebbe qui farsi sentire anche l'effetto che di norma interviene parecchi anni dopo la stabilizzazione del valore del denaro: siccome lentamente si ristabilisce una fiducia nei confronti della moneta, i tassi di interesse reale cominciano a scendere (attualmente sono ancora relativamente alti in Italia), per cui si riduce anche il carico degli interessi in bilancio. Per il finanziamento degli interessi occorre attualmente una cifra superiore al deficit di bilancio. Per quanto riguarda l'indebitamento pubblico, la richiesta di ingresso nell'Unione Monetaria potrebbe venir accolta in considerazione degli interventi - più a lungo termine - adottati in materia di riforma pensionistica e se si applicasse la clausola del Trattato di Maastricht che considera condizione sufficiente uno sviluppo credibile verso il criterio del 60%. Eventualmente si potrebbe stipulare un accordo in base al quale, garantendosi una determinata gestione della politica monetaria italiana da oggi fino al momento - più in là nel tempo ma stabilito sin d'ora - dell'entrata nell'Unione Monetaria, sia consentito un ingresso immediato nel serpente monetario.
Anche in questo secondo scenario la privatizzazione, l'aumento delle entrate e i tagli alle spese potrebbero avere delle ripercussioni sul mercato del lavoro, perché neanche in questo caso vi sarebbe una sufficiente flessibilità dei salari e dei prezzi e/o una sufficiente mobilità della forze di lavoro. Per quanto non si possano identificare sin d'ora i settori per i quali si potrebbero verificare queste difficoltà, le esperienze del passato consentono di fare alcune considerazioni per la provincia di Bolzano:
a) l'industria dei beni di investimento verrebbe di massima toccata da questi sconvolgimenti strutturali più di quella dei beni di consumo e pertanto la provincia di Bolzano, con il suo minor peso nel settore dei beni d'investimento, dovrebbe esser colpita in misura minore;
b) la struttura produttiva privata della provincia, caratterizzata prevalentemente da piccole e medie industrie, può reagire ai cambiamenti con maggior flessibilità delle grandi industrie e delle strutture statali. Ciò vale sia per le scelte produttive che per gli adeguamenti salariali, relativamente più semplici da introdurre nelle piccole imprese. In particolare nello scomparto turistico questi adattamenti sarebbero resi possibili dalle oscillazioni dei redditi dei lavoratori autonomi (relativamente numerosi) e dei familiari che collaborano nelle aziende e dall'adeguamento delle entrate accessorie dei lavoratori dipendenti (mance, straordinari ecc.)
c) inoltre, finché il tasso di cambio resterà flessibile e non si tenterà un rientro nel Sistema Monetario Europeo ad un corso alla fin fine troppo elevato, continuerà ad essere assicurata la concorrenzialità dell'Italia. In tal modo la provincia di Bolzano, che come ricordato dipende dal commercio con l'estero più di altre province, dovrebbe essere interessata meno a tali misure interne.
D'altro canto sussiste il pericolo che i necessari tagli sul bilancio si facciano sentire pesantemente sulla spesa pubblica in provincia, le cui entrate provengono in grandissima misura da trasferimenti dello Stato (questi tagli si possono effettuare anche in maniera indiretta, riconoscendo alla Provincia più competenze ma senza fornire le necessarie dotazioni di bilancio). In questo caso occorrerebbe ridurre le spese della Provincia, il che potrebbe avere ripercussioni negative sul mercato del lavoro, in particolare nei settori attualmente beneficiati da sovvenzioni, alcune delle quali peraltro fin'adesso non conformi alle normative dell'UE.
Ci limitiamo qui a ricordare brevemente i possibili effetti che le misure di risanamento del bilancio produrranno sul lato dell'offerta di forze di lavoro: la riforma pensionistica innalza l'età pensionabile, per cui aumenterà l'offerta di forze di lavoro in fasce d'età più avanzata. Siccome però sul piano demografico è prevedibile una riduzione dell'offerta e d'altra parte la maggior durata della vita lavorativa determinerà, oltre ad uno sgravio per il bilancio, anche un aumento della domanda, è possibile che la prevista regolamentazione del sistema pensionistico abbia effetti positivi sul mercato del lavoro.

2. Valutazione dello sviluppo dell'offerta nel lungo periodo
Per una valutazione dell'offerta, nello studio dianzi citato è stata stimato - sulla scorta di una previsione demografica basata sulla natalità e mortalità prevedibile come pure sui saldi migratori del 1988 - lo sviluppo potenziale della popolazione attiva fino al 2050 (v. pag. 219 segg.). A ragione si sottolinea tuttavia che i cambiamenti non saranno particolarmente accentuati solo se l'indice prevedibile di mortalità rimarrà quello indicato. Poiché infatti la valutazione per l'intero periodo a partire dal 2000 indica un calo demografico, che in particolare dal 2020 in poi determinerà una contrazione drammatica della popolazione locale nel suo complesso e quindi anche di quella attiva (-30% circa), si può presumere che si cercherà con interventi politici - e in particolare di politica della famiglia - di aumentare l'indice di natalità, sempre a meno che fattori nuovi e al momento imprevedibili non determinino già di per sé una variazione di tale indice.
Un'altra incognita per le previsioni sia dell'offerta che del fabbisogno è costituita dai movimenti migratori. Questi non hanno finora rivestito grande importanza per la provincia, ma si può prevedere che con la prevista drastica riduzione della forze di lavoro verrà a crearsi un effetto centripeto, non più arrestabile in virtù del principio di libera circolazione della forza di lavoro nell'Unione Europea ed anzi in futuro forse accentuato dall'ingresso nell'UE dei paesi centroeuropei e dalla politica dell'immigrazione adottata dall'Unione nei confronti dei paesi terzi. Inoltre sul saldo migratorio si fanno sentire gli squilibri tra l'offerta e la domanda di tutti i paesi dell'Unione caratterizzati da una libertà del mercato del lavoro. L'affermazione secondo cui i movimenti migratori nell'Unione Europea non hanno avuto grande peso e quindi non ne avranno presumibilmente neanche in futuro non è necessariamente corretta: fino a poco tempo fa vigevano infatti ancora disposizioni transitorie che limitavano la mobilità della forza di lavoro di origine meridionale. Con la maggior libertà di insediamento delle imprese mediante filiali (che entro certi limiti coprono il loro fabbisogno di forze di lavoro facendo ricorso al mercato interno) e con lo sfruttamento del principio della libertà dei servizi si potranno avere fenomeni migratori e di mobilità sempre maggiori. Assumerà qui peso rilevante anche la nuova stesura della Direttiva comunitaria sulle prestazioni d'opera transfrontaliere, la cui applicazione di certo non si limiterà più al solo settore edilizio. Infine determinerà una maggiore mobilità anche il riconoscimento - di recente operato dall'UE - delle aziende private di intermediazione e fornitura di prestazioni di lavoro.
A contraddire l'ipotesi di un incremento dei fenomeni migratori troviamo il fatto che la maggior libertà di circolazione di merci e capitali può sostituire gli spostamenti della mano d'opera e che finora in paesi come l'Italia, pur caratterizzati da rilevanti differenze di reddito tra le singole regioni, non si sono registrati grandi flussi migratori.
Per la provincia di Bolzano anche la particolare condizione di provincia bilingue potrebbe limitare in determinati settori le dimensioni del fenomeno migratorio. Nei settori, in particolare in quelli più qualificati, per i quali è necessaria la conoscenza di due lingue un'immigrazione incontrerà notevoli difficoltà. Ed anche in talune occupazioni meno qualificate, quali quelle di scomparti di servizio come il turismo e il commercio, che però richiedono un contatto verbale diretto col cliente, la conoscenza delle due lingue è di norma necessaria.
Se quindi un flusso migratorio trova ostacoli nella provincia di Bolzano, a riequilibrare gli scompensi sul mercato del lavoro restano le oscillazioni salariali. In provincia la migrazione potrà perciò divergere dai valori europei ed italiani dovunque ci sia la discriminante del bilinguismo, mentre negli altri settori essa determinerà una tendenza al riequilibrio.

3. Previsioni sulla struttura economica e sulla produttività
Il problema principale di una previsione del fabbisogno a lungo termine è la valutazione degli sviluppi futuri della struttura economica e della produttività. Gli sviluppi strutturali a breve sono pesantemente influenzati dalle oscillazioni congiunturali, che non costituiscono alcun riferimento per un futuro più lontano. Tuttavia una previsione più a lungo termine della struttura economica e della produttività (oltre i cinque anni) non può garantire, come già ricordato, sufficienti margini di sicurezza.
Per la crescente interdipendenza tra i vari paesi, una valutazione della struttura economica (e della produttività) non può prescindere dagli sviluppi a livello mondiale. Questi ultimi anni hanno evidenziato la rapidità con cui possono verificarsi eventi tanto fondamentali quanto imprevisti: il crollo del sistema socialista, la conseguente riunificazione delle Germanie, il temporale valutario scatenato dalla riunificazione e dal Trattato di Maastricht, la rapida crescita dei mercati est-asiatici hanno prodotto sviluppi del tutto inattesi. Per gli anni a venire si pongono al momento problemi come quello della creazione dell'Unione Monetaria, l'auspicatissima revisione della politica agricola comunitaria con il nuovo accordo GATT/WTO, la ripresa degli stati centro- ed esteuropei dopo il superamento della crisi di trasformazione, la fine della medesima crisi nei paesi della CSI, lo sviluppo di nuovi poli di crescita in Estremo Oriente, l'indispensabile riduzione delle emissioni di CO2 ed altri problemi ambientali, senza che peraltro si possano quantificare questi prevedibili sviluppi. Tanto meno si possono valutare gli effetti di questi sviluppi su singoli settori.

4. Problemi della proiezione dei trend
Se si volesse proiettare semplicemente nel futuro lo sviluppo degli ultimi anni, come cerca di fare la citata valutazione dell'offerta di forze di lavoro per la provincia di Bolzano, sarebbe facile pervenire a conclusioni errate. Un esempio di estrapolazione di sviluppi a breve termine per la formulazione di previsioni a lungo ci viene da uno studio austriaco di qualche anno fa: se si prolunga con andamento costante la tendenza di sviluppo della categoria di lavoratori in più rapida crescita, quella cioè degli operatori del settore sanitario, nel 2040 tutti i dipendenti austriaci lavorerebbero in questo settore. L'insensatezza di una tale prognosi si evidenzia peraltro già nel fatto che, estrapolando lo sviluppo del solo personale infermieristico, già nel 2030 questo settore assorbirebbe l'intera popolazione attiva austriaca, lasciando completamente sguarniti tutti gli altri settori, sanitari e non.
Per lo sviluppo dell'economia locale va tenuto presente che, per la sua maggiore dipendenza dal commercio estero (maggiore rispetto al resto d'Italia e in particolare al Mezzogiorno, che è scarsamente subordinato all'estero) e per l'inefficace politica valutaria del paese, si è fatta sentire pesantemente l'influenza dell'instabilità dei tassi di cambio. Il lungo periodo di sopravvalutazione della Lira ha danneggiato a lungo l'economia della provincia, mentre come ricordato la conseguente forte perdita di valore ha determinato ora un temporaneo boom accompagnato da un'aumentata domanda di forze di lavoro. Molti degli sviluppi attualmente osservati sul mercato del lavoro sono quindi di natura transitoria.

5. Processi di adeguamento sul mercato del lavoro
Come già sottolineato, taluni elementi già indicano che un ravvivamento dei flussi migratori in futuro potrà riequilibrare gli scompensi sul mercato del lavoro, ma sarà peraltro ostacolato nella provincia di Bolzano nei settori dove è presente il requisito del bilinguismo.
Se in provincia esiste un'eccedenza della domanda in settori segmentati dal fattore della doppia lingua, il livello salariale potrà salire rispetto a quello italiano o europeo perché il flusso migratorio sarà ridotto. Non è però necessariamente vero il contrario. Prevalendo l'offerta sul mercato del lavoro provinciale, la pressione salariale che ne deriverebbe potrebbe indurre i lavoratori della provincia al trasferimento, in quanto essi potrebbero trovare uno sbocco sia nell'area di lingua italiana che in quella di lingua tedesca. Resta ancora da vedere quale sia questa flessibilità salariale e in che misura i salari nella provincia di Bolzano possano divergere da quelli italiani in base alla legislazione sui contratti collettivi.

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