Provincia Autonoma di Bolzano | |
19 Ripartizione Lavoro |
B. Predisposizione
ed uso di una PREVISIONE DEL FABBISOGNO
Nella predisposizione e nell'utilizzo di una previsione
del fabbisogno viene a porsi tutta una serie di problemi di
fondo, che si cercherà qui di sintetizzare nel successivo
capitolo I). Il capitolo II) esporrà invece i singoli problemi
di una previsione di fabbisogno specifica per la provincia di
Bolzano.
I. Problemi generali
Una previsione del fabbisogno finalizzata ad indirizzare la
politica della formazione professionale dovrà essere predisposta
per il lungo periodo, e quanto più lungo sarà questo
periodo, tanto più incerta risulterà la prevedibilità. La
politica della formazione deve infatti già oggi indicare gli
orientamenti per il prossimo millennio, poiché per un
cambiamento di tale sistema sono necessari tempi lunghi. Riforme
radicali nel campo della formazione professionale devono tener
anzitutto conto del tempo necessario per la formazione del
capitale umano nel sistema educativo, vale a dire la formazione
degli insegnanti di nuove discipline. Poi, mutato il quadro
generale, occorre un certo tempo perché il nuovo sistema entri a
regime. Quindi una previsione di una qualche utilità non può
coprire un arco di tempo inferiore a 10 anni.
La previsione del fabbisogno ai fini della politica
dell'occupazione può essere invece compiuta nel breve periodo,
ma dipende dal canto suo dallo sviluppo della congiuntura, per
conoscere il quale occorre a sua volta elaborare una previsione
della politica congiunturale.
Una prevedibilità è già logicamente impossibile in
particolare nella valutazione della struttura economica e della
produttività futura; essa non sarebbe altro che una
"pretensione di cognizione" (F. A. v. Hayek). I fattori
determinanti la struttura di domani - in particolare le
innovazioni ma anche gli interventi di politica economica e gli
sviluppi dell'economia mondiale - non possono essere noti già
oggi: se conoscessimo già ora le innovazioni, non sarebbero più
innovazioni.
Una previsione consistente nella proiezione di un trend
presenta il difetto di estrapolare sviluppi talvolta a breve
termine per formulare ipotesi di lungo periodo. Inoltre in
passato sono stati operati taluni interventi di politica
economica - in parte anche per equilibrare la domanda e l'offerta
sul mercato del lavoro - la cui efficacia verrebbe anch'essa
estrapolata nel futuro, per cui per il futuro occorrerebbe
prevedere la conservazione di questi meccanismi di riequilibrio
nella loro forma attuale. Questa previsione dello status quo
della politica economica trascura tuttavia il fattore
dell'apprendimento: che cioè attraverso lo sviluppo attuale e la
politica economica del passato si è modificato il comportamento
di chi opera sul mercato del lavoro, come pure quello dei
politici che influenzano tale mercato, e che ciò determinerà
quindi l'avvio di interventi di nuovo tipo. Inoltre in passato
sono stati varati provvedimenti, quali ad esempio quelli volti
all'integrazione del mercato del lavoro, i cui effetti non si
sono ancora fatti sentire ma si avvertiranno in futuro.
Per il passato è difficile valutare persino il livello della
disoccupazione: qual è infatti la disoccupazione occulta,
quella che si può considerare riserva di forze di lavoro?
(per esempio sotto forma di occupazione su posti di lavoro meno
qualificati o di prepensionamento anticipato: un fenomeno
abbastanza significativo sia in Austria che in Italia).
Il raffronto di previsioni indipendenti dell'offerta complessiva
e della domanda può evidenziare degli squilibri tali da
comportare un aumento o una diminuzione della disoccupazione nel
suo complesso o in singoli scomparti. Non si può quindi
pronosticare con precisione quali processi riporteranno in
equilibro questi saldi sbilanciati: si tratterà di processi del
mercato, come per esempio la migrazione di forze di lavoro o
variazioni del livello e della struttura salariale? E quale sarà
la flessibilità di tale livello e struttura salariale, quale
sarà l'ordine di grandezza di questa mobilità e quindi della
migrazione internazionale di forze di lavoro?
In passato anche l'ipotizzata interazione tra formazione e
professione si è dimostrata non chiara e duratura. Il sistema
dell'occupazione è in grado di reagire con elasticità ai
cambiamenti del sistema formativo, e quindi non è un fattore
determinante di tipo indipendente. Se per esempio aumenta
l'offerta di laureati, i presupposti formali per l'accesso a
determinate professioni vengono in certi casi inaspriti e quindi
le persone già dotate di una qualificazione minore vengono
emarginate. E' il caso per esempio dei diplomati universitari in
economia aziendale in Austria, in parte emarginati dai laureati
in scienze commerciali. In certi casi si è peraltro visto che
con l'aumentare dell'offerta di professioni qualificate sono
venuti a crearsi anche posti di lavoro più qualificati, in grado
di assorbire tale pronosticato esubero.
Pertanto il Principio della domanda sociale (Social
Demand Approach) tende a non sovraccentuare l'autonomia del
sistema dell'occupazione. Questo principio parte dal presupposto
della libera scelta della formazione e sottolinea il valore
intrinseco di questa quale bene di consumo. E' tuttavia un'ottica
che trascura il fatto che una scelta completamente libera della
propria formazione professionale, che prescinde dalle effettive
possibilità di svolgere una tale professione, può determinare
profondi squilibri se non si tiene conto delle tendenze più
evidenti del fabbisogno. Entrambi i principi devono quindi
prestare attenzione alla simbiosi esistente tra il sistema
formativo e quello dell'occupazione.
Nel lungo termine ci sarà probabilmente una maggiore mobilità,
come pure una flessibilità dei salari e dei prezzi, in grado di
bilanciare gli squilibri tra domanda e offerta. Ma nel frattempo
vi potranno essere disoccupazione o carenze in determinate
professioni, in determinati scomparti o in determinate aree.
Dalle difficoltà di elaborare una previsione per il mercato del
lavoro, com'esse si sono evidenziate nell'imprevedibile sviluppo
di questi ultimi anni, si può dedurre l'importanza della
mobilità e della flessibilità per il mercato del lavoro.
L'adeguamento ai nuovi sviluppi va sostenuto da una mobilità
professionale, spaziale ed aziendale, e va tenuto presente anche
nella fase della formazione.
Per orientare il sistema formativo vanno impiegati se possibile strumenti
di economia di mercato, che consentano un adeguamento più
rapido ed efficiente rispetto a regolamentazioni imposte dallo
stato. Queste infatti non contengono nel loro sistema di
controllo stimoli sufficienti a consentire una reazione
flessibile a nuovi sviluppi. L'efficienza delle spese sostenute
per la formazione professionale è di difficile quantificazione,
il che si può dire anche per altri settori della spesa pubblica.
II. Problemi specifici di una previsione per la provincia di Bolzano
1. Valutazione del fabbisogno a breve, previsioni
congiunturali
Nel breve periodo (circa un quinquennio) non si possono
ipotizzare grandi cambiamenti della struttura della domanda e
dell'offerta. Vi possono invece essere transitorie oscillazioni
congiunturali, nel corso delle quali si può verificare una
disoccupazione in settori sensibili alla congiuntura (industria
dei beni di investimento, edilizia, prodotti di base, industria
concorrente nell'export e nell'import). Per tenere quest'ultima
sotto controllo esiste da un lato uno strumentario di tipo
congiunturale (politica valutaria, monetaria, fiscale e dei
redditi) e dall'altro uno di tipo occupazionale.
Una prognosi a breve (per i prossimi anni) si può ricavare dalle
varie previsioni congiunturali (OCSE, prognosi nazionali e
regionali ecc.), la cui affidabilità è tuttavia limitata in
particolare con riferimento al momento della svolta. In ogni modo
tale affidabilità sembra relativamente alta per il 1995-1996.
Con l'adeguamento del corso della Lira, affiancato dalla ripresa
congiunturale internazionale, si è venuta infatti a creare una
spinta positiva che con un certo grado di sicurezza si può
prevedere durerà per circa un anno ancora. Dal commercio estero
e dal turismo questa ripresa si è estesa gradualmente fino ad
allargare la domanda interna ad un livello di autosufficienza.
Sul mercato del lavoro questa tendenza si è evidenziata già ben
presto nell'aumento degli straordinari e nella riduzione
dell'orario ridotto (cassa integrazione), elementi che come il
solito costituiscono il primo ammortizzatore in una crescita
della domanda, quando cioè le imprese non vogliono operare nuove
assunzioni fintantoché lo sviluppo della domanda rimarrà troppo
incerto. Inoltre c'è da tener presente che nel periodo di bassa
congiuntura parte del personale amministrativo non era occupato
al pieno delle sue potenzialità. E neppure la crescita della
produttività derivante dalla regressione dei costi fissi
comporta all'inizio della ripresa una riduzione della
disoccupazione proporzionale all'aumento della produzione (Legge
di Okun). Questo fenomeno tocca in particolare la disoccupazione
giovanile, in quanto alla ripresa vengono assunti per primi i
disoccupati dotati di una determinata qualificazione od
esperienza oppure quelli "occultati" nella riserva di
forze di lavoro. Può in complesso affermarsi che in Italia
finirà per diminuire anche il tasso di disoccupazione giovanile,
al momento ancora crescente. Per la provincia di Bolzano comunque
quello della disoccupazione tra i giovani non è mai stato un
problema grave come per il resto d'Italia (in particolare se
raffrontato col meridione e col suo 56% di giovani inoccupati):
un risultato notoriamente dovuto in gran parte al carattere
dualistico del sistema formativo adottato in provincia.
In questo ordinario andamento congiunturale si riesce tuttavia
già a distinguere il fattore che agirà da freno sulla ripresa:
si delinea ormai con chiarezza quell'attesa crescita dei tassi di
cambio e dei prezzi che finirà per riallineare stabilmente
l'Italia ai livelli esteri e quindi per riportare la concorrenza
in equilibrio.
Come anche nei precedenti cicli congiunturali, la provincia di
Bolzano - provincia fortemente orientata al commercio estero - è
interessata prima e con maggior intensità del resto d'Italia a
tali sviluppi nel campo della produzione, del lavoro e
dell'inflazione. Inoltre la domanda turistica internazionale,
più importante per questa provincia che non per il resto del
paese, come al solito reagisce alle variazioni del tasso di
cambio con maggior rapidità - e talvolta anche energia - del
commercio estero.
La situazione congiunturale favorevole non deve tuttavia far
ritenere che non si tratti di una ripresa duratura ma che sia
solo un fenomeno transitorio. Situazioni analoghe si sono
ripetute più volte in passato e hanno determinato in provincia
anche forme di "surriscaldamento" congiunturale - come
quello del 1979-80 - che hanno poi portato all'adozione di misure
di rallentamento congiunturale come il Piano di sviluppo
provinciale. Si può comunque prevedere che non vi saranno più
reazioni di tale portata, poiché per l'aumentata autonomia della
Banca d'Italia e per il suo conseguente maggior orientamento ad
una stabilità del corso e dei prezzi la politica monetaria
interverrà stavolta con maggiore tempestività, anche se non è
ovviamente possibile prevedere con precisione il momento e la
portata di tali interventi.
Se la politica monetaria e quella congiunturale si possono
considerare fattori a breve termine, lo stato delle finanze
pubbliche italiane costituisce invece un problema che
influenzerà lo sviluppo del paese - e quindi anche il mercato
del lavoro locale - sia nel breve che nel lungo periodo.
L'influenza che la politica finanziaria avrà sull'occupazione
dipenderà dal ritmo e dalla struttura degli interventi di
risanamento finanziario. Per formulare una prognosi non ci si
potrà qui basare sui piani e sulle tappe di risanamento
annunciate dal Governo, perché non è ancora assicurato
l'assenso del Parlamento.
Se entro il 1998 il deficit di bilancio e l'indebitamento
verranno effettivamente fatti rientrare rispettivamente nel
limite del 3% (attualmente 8%) e del 60% (attualmente 125%)
previsti dai criteri di convergenza di Maastricht, si dovrà
probabilmente segnare un forte contraccolpo congiunturale e
occupazionale, con perdita di posti di lavoro in numerosi
scomparti, poiché i salari, i prezzi e la produzione non
potranno adeguarsi con sufficiente flessibilità a mutamenti
così radicali. Una drastica riduzione dell'indebitamento (oltre
il 60% in 4 anni) significherebbe segnare per ciascun anno un
attivo di bilancio di quasi il 15%, in luogo dell'attuale 8% di
passivo.
E' comunque ipotizzabile un secondo scenario, nel quale accanto
al deficit di bilancio si possano rendere meno drastici i tagli
alle spese aumentando il volume delle privatizzazioni ed
incrementando le entrate. Potrebbe qui farsi sentire anche
l'effetto che di norma interviene parecchi anni dopo la
stabilizzazione del valore del denaro: siccome lentamente si
ristabilisce una fiducia nei confronti della moneta, i tassi di
interesse reale cominciano a scendere (attualmente sono ancora
relativamente alti in Italia), per cui si riduce anche il carico
degli interessi in bilancio. Per il finanziamento degli interessi
occorre attualmente una cifra superiore al deficit di bilancio.
Per quanto riguarda l'indebitamento pubblico, la richiesta di
ingresso nell'Unione Monetaria potrebbe venir accolta in
considerazione degli interventi - più a lungo termine - adottati
in materia di riforma pensionistica e se si applicasse la
clausola del Trattato di Maastricht che considera condizione
sufficiente uno sviluppo credibile verso il criterio del 60%.
Eventualmente si potrebbe stipulare un accordo in base al quale,
garantendosi una determinata gestione della politica monetaria
italiana da oggi fino al momento - più in là nel tempo ma
stabilito sin d'ora - dell'entrata nell'Unione Monetaria, sia
consentito un ingresso immediato nel serpente monetario.
Anche in questo secondo scenario la privatizzazione, l'aumento
delle entrate e i tagli alle spese potrebbero avere delle
ripercussioni sul mercato del lavoro, perché neanche in questo
caso vi sarebbe una sufficiente flessibilità dei salari e dei
prezzi e/o una sufficiente mobilità della forze di lavoro. Per
quanto non si possano identificare sin d'ora i settori per i
quali si potrebbero verificare queste difficoltà, le esperienze
del passato consentono di fare alcune considerazioni per la
provincia di Bolzano:
a) l'industria dei beni di investimento verrebbe di massima
toccata da questi sconvolgimenti strutturali più di quella dei
beni di consumo e pertanto la provincia di Bolzano, con il suo
minor peso nel settore dei beni d'investimento, dovrebbe esser
colpita in misura minore;
b) la struttura produttiva privata della provincia,
caratterizzata prevalentemente da piccole e medie industrie, può
reagire ai cambiamenti con maggior flessibilità delle grandi
industrie e delle strutture statali. Ciò vale sia per le scelte
produttive che per gli adeguamenti salariali, relativamente più
semplici da introdurre nelle piccole imprese. In particolare
nello scomparto turistico questi adattamenti sarebbero resi
possibili dalle oscillazioni dei redditi dei lavoratori autonomi
(relativamente numerosi) e dei familiari che collaborano nelle
aziende e dall'adeguamento delle entrate accessorie dei
lavoratori dipendenti (mance, straordinari ecc.)
c) inoltre, finché il tasso di cambio resterà flessibile e non
si tenterà un rientro nel Sistema Monetario Europeo ad un corso
alla fin fine troppo elevato, continuerà ad essere assicurata la
concorrenzialità dell'Italia. In tal modo la provincia di
Bolzano, che come ricordato dipende dal commercio con l'estero
più di altre province, dovrebbe essere interessata meno a tali
misure interne.
D'altro canto sussiste il pericolo che i necessari tagli sul
bilancio si facciano sentire pesantemente sulla spesa pubblica in
provincia, le cui entrate provengono in grandissima misura da
trasferimenti dello Stato (questi tagli si possono effettuare
anche in maniera indiretta, riconoscendo alla Provincia più
competenze ma senza fornire le necessarie dotazioni di bilancio).
In questo caso occorrerebbe ridurre le spese della Provincia, il
che potrebbe avere ripercussioni negative sul mercato del lavoro,
in particolare nei settori attualmente beneficiati da
sovvenzioni, alcune delle quali peraltro fin'adesso non conformi
alle normative dell'UE.
Ci limitiamo qui a ricordare brevemente i possibili effetti che
le misure di risanamento del bilancio produrranno sul lato
dell'offerta di forze di lavoro: la riforma pensionistica innalza
l'età pensionabile, per cui aumenterà l'offerta di forze di
lavoro in fasce d'età più avanzata. Siccome però sul piano
demografico è prevedibile una riduzione dell'offerta e d'altra
parte la maggior durata della vita lavorativa determinerà, oltre
ad uno sgravio per il bilancio, anche un aumento della domanda,
è possibile che la prevista regolamentazione del sistema
pensionistico abbia effetti positivi sul mercato del lavoro.
2. Valutazione dello sviluppo dell'offerta nel lungo
periodo
Per una valutazione dell'offerta, nello studio dianzi citato è
stata stimato - sulla scorta di una previsione demografica basata
sulla natalità e mortalità prevedibile come pure sui saldi
migratori del 1988 - lo sviluppo potenziale della popolazione
attiva fino al 2050 (v. pag. 219 segg.). A ragione si sottolinea
tuttavia che i cambiamenti non saranno particolarmente accentuati
solo se l'indice prevedibile di mortalità rimarrà quello
indicato. Poiché infatti la valutazione per l'intero periodo a
partire dal 2000 indica un calo demografico, che in particolare
dal 2020 in poi determinerà una contrazione drammatica della
popolazione locale nel suo complesso e quindi anche di quella
attiva (-30% circa), si può presumere che si cercherà con
interventi politici - e in particolare di politica della famiglia
- di aumentare l'indice di natalità, sempre a meno che fattori
nuovi e al momento imprevedibili non determinino già di per sé
una variazione di tale indice.
Un'altra incognita per le previsioni sia dell'offerta che del
fabbisogno è costituita dai movimenti migratori. Questi non
hanno finora rivestito grande importanza per la provincia, ma si
può prevedere che con la prevista drastica riduzione della forze
di lavoro verrà a crearsi un effetto centripeto, non più
arrestabile in virtù del principio di libera circolazione della
forza di lavoro nell'Unione Europea ed anzi in futuro forse
accentuato dall'ingresso nell'UE dei paesi centroeuropei e dalla
politica dell'immigrazione adottata dall'Unione nei confronti dei
paesi terzi. Inoltre sul saldo migratorio si fanno sentire gli
squilibri tra l'offerta e la domanda di tutti i paesi dell'Unione
caratterizzati da una libertà del mercato del lavoro.
L'affermazione secondo cui i movimenti migratori nell'Unione
Europea non hanno avuto grande peso e quindi non ne avranno
presumibilmente neanche in futuro non è necessariamente
corretta: fino a poco tempo fa vigevano infatti ancora
disposizioni transitorie che limitavano la mobilità della forza
di lavoro di origine meridionale. Con la maggior libertà di
insediamento delle imprese mediante filiali (che entro certi
limiti coprono il loro fabbisogno di forze di lavoro facendo
ricorso al mercato interno) e con lo sfruttamento del principio
della libertà dei servizi si potranno avere fenomeni migratori e
di mobilità sempre maggiori. Assumerà qui peso rilevante anche
la nuova stesura della Direttiva comunitaria sulle prestazioni
d'opera transfrontaliere, la cui applicazione di certo non si
limiterà più al solo settore edilizio. Infine determinerà una
maggiore mobilità anche il riconoscimento - di recente operato
dall'UE - delle aziende private di intermediazione e fornitura di
prestazioni di lavoro.
A contraddire l'ipotesi di un incremento dei fenomeni migratori
troviamo il fatto che la maggior libertà di circolazione di
merci e capitali può sostituire gli spostamenti della mano
d'opera e che finora in paesi come l'Italia, pur caratterizzati
da rilevanti differenze di reddito tra le singole regioni, non si
sono registrati grandi flussi migratori.
Per la provincia di Bolzano anche la particolare condizione di
provincia bilingue potrebbe limitare in determinati settori le
dimensioni del fenomeno migratorio. Nei settori, in particolare
in quelli più qualificati, per i quali è necessaria la
conoscenza di due lingue un'immigrazione incontrerà notevoli
difficoltà. Ed anche in talune occupazioni meno qualificate,
quali quelle di scomparti di servizio come il turismo e il
commercio, che però richiedono un contatto verbale diretto col
cliente, la conoscenza delle due lingue è di norma necessaria.
Se quindi un flusso migratorio trova ostacoli nella provincia di
Bolzano, a riequilibrare gli scompensi sul mercato del lavoro
restano le oscillazioni salariali. In provincia la migrazione
potrà perciò divergere dai valori europei ed italiani dovunque
ci sia la discriminante del bilinguismo, mentre negli altri
settori essa determinerà una tendenza al riequilibrio.
3. Previsioni sulla struttura economica e sulla
produttività
Il problema principale di una previsione del fabbisogno a lungo
termine è la valutazione degli sviluppi futuri della struttura
economica e della produttività. Gli sviluppi strutturali a breve
sono pesantemente influenzati dalle oscillazioni congiunturali,
che non costituiscono alcun riferimento per un futuro più
lontano. Tuttavia una previsione più a lungo termine della
struttura economica e della produttività (oltre i cinque anni)
non può garantire, come già ricordato, sufficienti margini di
sicurezza.
Per la crescente interdipendenza tra i vari paesi, una
valutazione della struttura economica (e della produttività) non
può prescindere dagli sviluppi a livello mondiale. Questi ultimi
anni hanno evidenziato la rapidità con cui possono verificarsi
eventi tanto fondamentali quanto imprevisti: il crollo del
sistema socialista, la conseguente riunificazione delle Germanie,
il temporale valutario scatenato dalla riunificazione e dal
Trattato di Maastricht, la rapida crescita dei mercati
est-asiatici hanno prodotto sviluppi del tutto inattesi. Per gli
anni a venire si pongono al momento problemi come quello della
creazione dell'Unione Monetaria, l'auspicatissima revisione della
politica agricola comunitaria con il nuovo accordo GATT/WTO, la
ripresa degli stati centro- ed esteuropei dopo il superamento
della crisi di trasformazione, la fine della medesima crisi nei
paesi della CSI, lo sviluppo di nuovi poli di crescita in Estremo
Oriente, l'indispensabile riduzione delle emissioni di CO2
ed altri problemi ambientali, senza che peraltro si possano
quantificare questi prevedibili sviluppi. Tanto meno si possono
valutare gli effetti di questi sviluppi su singoli settori.
4. Problemi della proiezione dei trend
Se si volesse proiettare semplicemente nel futuro lo sviluppo
degli ultimi anni, come cerca di fare la citata valutazione
dell'offerta di forze di lavoro per la provincia di Bolzano,
sarebbe facile pervenire a conclusioni errate. Un esempio di
estrapolazione di sviluppi a breve termine per la formulazione di
previsioni a lungo ci viene da uno studio austriaco di qualche
anno fa: se si prolunga con andamento costante la tendenza di
sviluppo della categoria di lavoratori in più rapida crescita,
quella cioè degli operatori del settore sanitario, nel 2040
tutti i dipendenti austriaci lavorerebbero in questo settore.
L'insensatezza di una tale prognosi si evidenzia peraltro già
nel fatto che, estrapolando lo sviluppo del solo personale
infermieristico, già nel 2030 questo settore assorbirebbe
l'intera popolazione attiva austriaca, lasciando completamente
sguarniti tutti gli altri settori, sanitari e non.
Per lo sviluppo dell'economia locale va tenuto presente che, per
la sua maggiore dipendenza dal commercio estero (maggiore
rispetto al resto d'Italia e in particolare al Mezzogiorno, che
è scarsamente subordinato all'estero) e per l'inefficace
politica valutaria del paese, si è fatta sentire pesantemente
l'influenza dell'instabilità dei tassi di cambio. Il lungo
periodo di sopravvalutazione della Lira ha danneggiato a lungo
l'economia della provincia, mentre come ricordato la conseguente
forte perdita di valore ha determinato ora un temporaneo boom
accompagnato da un'aumentata domanda di forze di lavoro. Molti
degli sviluppi attualmente osservati sul mercato del lavoro sono
quindi di natura transitoria.
5. Processi di adeguamento sul mercato del lavoro
Come già sottolineato, taluni elementi già indicano che un
ravvivamento dei flussi migratori in futuro potrà riequilibrare
gli scompensi sul mercato del lavoro, ma sarà peraltro
ostacolato nella provincia di Bolzano nei settori dove è
presente il requisito del bilinguismo.
Se in provincia esiste un'eccedenza della domanda in settori
segmentati dal fattore della doppia lingua, il livello salariale
potrà salire rispetto a quello italiano o europeo perché il
flusso migratorio sarà ridotto. Non è però necessariamente
vero il contrario. Prevalendo l'offerta sul mercato del lavoro
provinciale, la pressione salariale che ne deriverebbe potrebbe
indurre i lavoratori della provincia al trasferimento, in quanto
essi potrebbero trovare uno sbocco sia nell'area di lingua
italiana che in quella di lingua tedesca. Resta ancora da vedere
quale sia questa flessibilità salariale e in che misura i salari
nella provincia di Bolzano possano divergere da quelli italiani
in base alla legislazione sui contratti collettivi.